Il cambiamento climatico può influire anche sull’attività vulcanica? Una risposta arriva da uno studio pubblicato su Geophysical Research Letters, che ha unito gli strumenti delle scienze del clima con quelli della vulcanologia per analizzare il caso dei Campi Flegrei.
Gli studiosi si sono concentrati su un periodo, compreso tra la fine del 2017 e il 2018, in cui il livello delle piogge è stato nella norma, ma all’interno di un più ampio quadro di diffusa siccità tra il 2015 e il 2022. I dati analizzati hanno mostrato che questo periodo di maggiori precipitazioni è coinciso con una forte riduzione delle emissioni di gas dalla Solfatara di Pozzuoli, il più noto vulcano e principale “valvola di sfogo” dei Campi Flegrei. La maggiore pressione accumulata tra il 2017 e il 2018 è stata poi rilasciata l’anno successivo sotto forma di eventi sismici.
"I risultati del nostro studio suggeriscono che frequenti e prolungati fenomeni piovosi che si verificano all’interno di periodi di siccità contribuiscono a influenzare le risposte geofisiche e geochimiche legate ai processi geologici profondi", spiega Luca De Siena, professore al Dipartimento di Fisica e Astronomia "Augusto Righi" dell’Università di Bologna e primo autore dello studio. "Riuscire a comprendere questi meccanismi potrebbe essere fondamentale per valutare il rischio vulcanico nel contesto dei Campi Flegrei e non solo".
Quello dei Campi Flegrei è un sistema geotermale prototipico, in cui fluidi a forte pressione vengono spinti verso l’alto e aprono fratture all’interno delle formazioni rocciose superficiali. Come in tutti gli ambienti vulcanici, anche in questo caso i movimenti magmatici, gli aspetti geochimici e quelli ambientali sono fortemente collegati tra loro. Ed è noto che, rispetto al fattore ambientale, precipitazioni elevate e maree possono trasformare un sistema già iper-pressurizzato in un sistema geotermale potenziato.
"Nel corso del 2017 e del 2018 nell’area dei Campi Flegrei si sono verificate le più intense e frequenti precipitazioni dal 2012, nel mezzo di un periodo di forte siccità durato cinque anni", dice ancora De Siena. "Questo fenomeno ha ridotto la permeabilità delle le argille che ricoprono e riempiono la Solfatara di Pozzuoli, riducendo l’afflusso di gas in superficie e aumentando lo stress del sistema geotermale".
Questo stress accumulato si è liberato poi nei mesi successivi sotto forma di attività sismica: dal 2019, si osservano nella zona dei Campi Flegrei i più alti livelli sismici e i più alti tassi di deformazione del suolo mai registrati con strumenti scientifici moderni.
"Questi risultati suggeriscono che il cambiamento climatico, e in particolare l’aumento delle temperature e delle precipitazioni intense può essere collegato all’attività vulcanica", conclude De Siena. "Attraverso gli strumenti delle scienze del clima e quelli della vulcanologia è possibile ottenere indicazioni sempre più accurate sui possibili effetti dei fenomeni climatici rispetto all’attività del sistema geotermale dei Campi Flegrei".
Lo studio è stato pubblicato su Geophysical Research Letters con il titolo “Geophysical Responses to an Environmentally-Boosted Volcanic Unrest”. Per l’Università di Bologna ha partecipato Luca De Siena, professore al Dipartimento di Fisica e Astronomia "Augusto Righi". Hanno partecipato inoltre studiosi dell’Università di Salerno e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - INGV.