Si chiama AXIS e potrebbe diventare il telescopio spaziale a raggi X più potente mai realizzato. La NASA ha approvato un finanziamento di 5 milioni di dollari per uno studio preparatorio e nel 2026 deciderà se potrà essere costruito. In caso di via libera, il lancio nello spazio è previsto entro il 2032.
Un percorso a cui partecipa anche Stefano Marchesi, ricercatore al Dipartimento di Fisica e Astronomia "Augusto Righi" dell’Università di Bologna.
"Quella di AXIS è una missione di classe Probe, con costi di sviluppo che possono arrivare fino a un miliardo di dollari", dice lo studioso dell’Alma Mater. "Se approvata, nascerà un telescopio spaziale in grado di ottenere immagini di altissima qualità dell'universo visto nei raggi X".
AXIS si propone come erede del telescopio orbitale Chandra, lanciato dalla NASA nel 1999. Come Chandra avrà un'eccellente risoluzione angolare che gli permetterà di vedere sorgenti anche molto vicine tra loro, ma avrà anche un campo di vista e una capacità di raccogliere raggi X molto più elevata. In questo modo, sarà possibile scoprire sorgenti che oggi sono troppo deboli per essere viste da Chandra o da qualsiasi altro telescopio ai raggi X esistente.
Marchesi lavora al progetto da anni. In uno studio pubblicato nel 2020 ha simulato una serie di osservazioni di lunga durata che AXIS potrebbe svolgere su porzioni di cielo ben definite, mostrando in particolare quanto queste campagne osservative potrebbero offrire nuove informazioni sulla nascita, agli albori dell'universo, dei primi buchi neri supermassicci al centro delle primissime galassie.
"Dati osservativi di questo tipo oggi sono praticamente inesistenti, e i modelli propongono ipotesi molto diverse sulla nascita delle prime galassie", spiega lo studioso dell’Alma Mater. "Le osservazioni di AXIS potrebbero permetterci di migliorare enormemente questi modelli, e quindi di caratterizzare con una cura sin qui impossibile quella che possiamo definire l'alba dell'universo, quando, poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang, le prime galassie e i relativi buchi neri supermassicci hanno cominciato a formarsi".
Un altro tema su cui si concentra Stefano Marchesi è quello dei "blazar": buchi neri supermassicci che emettono getti di materia con velocità prossime a quella della luce, generando luce lungo lo spettro elettromagnetico. Queste sorgenti extragalattiche producono alcuni degli eventi più energetici e potenti dell'universo.
Grazie a un telescopio a raggi X come AXIS, in sinergia con osservazioni ad altre lunghezze d'onda, potrebbe essere possibile selezionare popolazioni di blazar particolarmente estremi con proprietà ancora tutte da studiare.
"Sono interessato a come si possano usare le osservazioni con i telescopi a raggi X per predire l'emissione nella cosiddetta banda osservativa Very High Energy, ovvero nella parte più energetica dei raggi gamma", spiega Marchesi. "Parliamo di fotoni con energie che vanno dai 20 GigaElettronVolt ai 300 TeraElettronVolt, cioè con lunghezze d'onda pari a circa un miliardesimo di nanometro, infinitamente meno della luce visibile che ha una lunghezza d'onda di qualche centinaio di nanometri".
In uno studio pubblicato di recente, il ricercatore dell'Alma Mater suggerisce che questi blazar particolarmente estremi potrebbero essere individuati nella banda Very High Energy grazie al Cherenkov Telescope Array Observatory (CTAO), la rete di telescopi Cherenkov in fase di costruzione alle Canarie e in Cile, che sarà operativa entro il 2035.
"Unendo le capacità del Cherenkov Telescope con quelle di AXIS sarà possibile identificare con precisione le sorgenti viste da CTAO”, aggiunge Marchesi. “Oppure fare delle campagne osservative per cercare evidenze di variabilità congiunta nei raggi X e nella banda VHE, ottenendo così molte informazioni sul blazar e sul buco nero che lo genera, o ancora usare le proprietà ricavate dalle osservazioni AXIS per selezionare sorgenti interessanti per osservazioni dedicate con CTAO".