La rassegna delle storie di ricerca raccontate da giovani protagonisti nasce dall'iniziativa PhD Storytelling, che ha visto dottorande e dottorandi confrontarsi con esperti di divulgazione e comunicazione dell'Università di Bologna e professionisti di UGIS (Unione Giornalisti Italiani Scientifici). Autrice di questo articolo è Gloria Astolfi, dottoranda al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche
Le lacrime servono a molti scopi e gli occhi le producono in continuazione. In effetti, ogni minuto si producono 2 microlitri di lacrime. Le lacrime sono essenziali per aiutare a vedere chiaramente e a mantenere la salute degli occhi. Possono anche aiutare a comunicare le emozioni. Una storia a lieto fine, una triste rottura, quando tagliamo una cipolla o sfrecciamo veloci in bicicletta contro vento: tutto questo può farci piangere... L’uomo è l’unico animale che piange per amore.
QUANTI TIPI DI LACRIME
Esistono più tipi di lacrime, l’occhio ne produce ben tre tipi:
- le lacrime basali sono sempre presenti negli occhi per lubrificare, nutrire e proteggere la cornea, fungono da scudo costante tra l'occhio e l’ambiente esterno, rimuovendo polvere e detriti;
- le lacrime riflesse si formano quando gli occhi devono eliminare sostanze irritanti dannose, come fumo, corpi estranei o “il fattore lacrimogeno” rilasciato dalla cipolla. Gli occhi le rilasciano in quantità maggiori rispetto alle lacrime basali e possono contenere più fattori protettivi come, ad esempio, anticorpi rivolti a contrastare potenziali batteri patogeni;
- poi ci sono quelle prodotte in risposta alle emozioni: le lacrime emozionali sono correlate a stati di gioia, alla tristezza, alla paura e ad altri stati emotivi.
Le lacrime hanno una funzione vitale di protezione e lubrificazione della superficie oculare. La produzione e la distribuzione delle lacrime sono strettamente regolate da una connessione nervosa per soddisfare le richieste della superficie oculare. Più correttamente si parla di film lacrimale,
una pellicola liquida sottile che riveste la superficie anteriore dell’occhio, adibito a diverse funzioni.
Il film lacrimale è costituito da uno strato acquoso-mucinico, contenente fluidi e fattori solubili prodotti dalle ghiandole lacrimali e mucina, una sostanza secreta dalle cellule caliciformi, ricoperto da uno strato lipidico. L'insieme di proteine, glicoproteine e lipidi presenti nelle lacrime ha la funzione di mantenere una superficie ottica stabile e liscia. L’instabilità del film lacrimale con conseguente aumento del suo tasso di evaporazione determinano disfunzioni dell’unità lacrimale e provocano l’insorgenza di secchezza oculare (DryEye Disease, DED in inglese), una malattia collegata ad infiammazione della superficie oculare, che porta a disturbi della qualità della visione, e a discomfort se non a vero e proprio dolore oculare.
MA COME SONO FATTE LE LACRIME?
Le nostre lacrime hanno una struttura precisa, si distribuiscono sulla superficie oculare in maniera omogenea tra un battito di palpebra e l’altro e sono costituite da tre strati interconnessi tra loro. Il primo strato, a diretto contatto con la superficie della cornea e della congiuntiva, è lo strato mucoso, che mantiene la superficie liscia.
Composto principalmente da acqua, lo strato intermedio garantisce l’apporto di ossigeno e rende disponibili le sostanze nutrienti necessarie al metabolismo delle cellule della superficie oculare; ricco di numerose sostanze disciolte, tra cui diverse proteine tra le quali molto importanti sono il lisozima, lipocalina, e lattoferrina. Nella DED queste proteine si riducono drasticamente nelle lacrime, riducendo di conseguenza il sistema di difesa del sistema superficie oculare.
Grazie alle sue proprietà ottiche di trasparenza e al suo indice di rifrazione, lo strato acquoso assicura una superficie otticamente perfetta, essenziale per una visione nitida.
La parte più esterna che entra in contatto diretto con l'aria e l'ambiente, è costituita invece da uno strato lipidico e la sua funzione è quella di mantenere ai livelli normali l'evaporazione della componente acquosa delle lacrime. Se questo aumento dell'evaporazione non viene compensato, può insorgere una condizione di disequilibrio, che se costante, cronicizza. A questo punto il paziente percepisce una sensazione di discomfort percepita come secchezza, bruciore, sensazione di corpo estraneo e anche dolore. In un contesto in cui la salute degli occhi è sempre più al centro dell'attenzione, mantenere questo delicato equilibrio può prevenire fastidiosi sintomi e migliorare il benessere oculare.
MENO LACRIME CON L'AVANZARE DELL'ETÀ
Con l'avanzare dell'età, la produzione di lacrime basali tende a rallentare, un fenomeno che può portare allo sviluppo dell'occhio secco. Ma non solo. Anche l'uso di lenti a contatto o alcuni farmaci può contribuire all’insorgenza del DED, definita dalla Tear Film&Ocular Surface Society (TFOS) come “una malattia multifattoriale della superficie oculare caratterizzata da una perdita di omeostasi del film lacrimale e accompagnata da sintomi oculari, in cui l’instabilità e l’iperosmolarità del film lacrimale, l’infiammazione e le lesioni della superficie oculare e le anomalie neurosensoriali svolgono ruoli eziologici”.
La terapia comunemente applicata per il trattamento della DED consiste nel ripristino delle lacrime anomale presenti nel malato attraverso l’applicazione di sostituti lacrimali (detti comunemente “lacrime artificiali”). I colliri rappresentano quasi il 90% delle formulazioni oftalmiche commercializzate.
In particolare, i colliri sotto forma di soluzioni e sospensioni rimangono la forma di dosaggio preferita grazie all'azione localizzata, alla relativa facilità di somministrazione e al comfort del paziente (rispetto a gel, unguenti ed emulsioni). In caso di complicazioni, il trattamento può evolvere ed arrivare ad includere anche agenti antinfiammatori, tetracicline, colliri biologici a base di componenti del sangue, lenti a contatto, immunosoppressori sistemici.
La somministrazione sistemica di farmaci nell'occhio è fortemente limitata dalla presenza delle ben note barriere morfologiche e dinamiche dell'occhio, che possono ostacolare la penetrazione dei farmaci nei tessuti sottostanti. Non solo, i farmaci vengono rapidamente eliminati attraverso l'ammiccamento, la lacrimazione basale e riflessa e il drenaggio dalle superfici oculari prima ancora che possano penetrare in questi tessuti in quantità efficaci. Infatti, solo una piccola parte del farmaco somministrato sotto forma di collirio convenzionale raggiunge i tessuti oculari anteriori (in genere, nell'ordine dello 0,1%-5% della dose totale erogata), richiedendo quindi frequenti somministrazioni giornaliere per mantenere le concentrazioni terapeutiche del farmaco.
COME RISOLVIAMO QUESTO PROBLEMA?
Tra le varie strategie di rilascio dei farmaci che mirano a migliorare la biodisponibilità oculare topica vi sono i Drug Delivery Systems, sistemi di rilascio di farmaci che forniscono un tempo di residenza prolungato sulla superficie oculare. In questo modo, i farmaci disponibili hanno più tempo per agire localmente o per penetrare nei tessuti oculari più profondi e raggiungere il loro bersaglio. In oftalmologia i moderni biopolimeri offrono varie alternative, come il miglioramento della vista, gli impianti corneali e le lenti intraoculari, per sostituire parti danneggiate dell'occhio. I progressi nei metodi di sintesi e nelle strutture molecolari hanno portato all'uso diffuso di polimeri sintetici per applicazioni biomediche specifiche.
È su queste materie che sto svolgendo ricerche per il mio progetto di dottorato incentrato su un medical device a base di materiali polimerici che permetterebbe il rilascio controllato delle molecole e dei componenti lacrimali deficitari nella condizione di DED, per il suo trattamento. Lo studio deriva da un reale bisogno clinico, e prende in considerazione il grande potenziale che i drug delivery systems forniscono per implementare il tempo di residenza dei colliri sulla superficie oculare, aumentandone l’efficacia.
Lo studio si sta svolgendo presso il Laboratorio di Analisi cornea superficie oculare e ricerca traslazionale, al Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell’Alma Mater di Bologna. Responsabile è la professoressa Piera Versura, che è anche il mio Tutor. Il progetto è inoltre sostenuto nell’ambito della collaborazione interdisciplinare con il Dipartimento di Ingegneria civile, chimica, ambientale e dei materiali, dove i materiali sono stati progettati, sintetizzati e caratterizzati dal gruppo della professoressa Nadia Lotti presso i Laboratori di Sintesi e Caratterizzazione di Materiali macromolecolari (LAMAC).
Ad oggi il progetto ha portato a un device disegnato ad hoc per il sito target e alla determinazione di parametri costruttivi importanti per ottimizzare l’efficienza di rilascio di varie molecole per futuri trattamenti terapeutici. Confido di potere finalizzare il device entro il termine del mio percorso di dottorato ma, come è noto, la ricerca richiede risorse, impegno e tanto tempo, non è sempre prevedibile vedere il termine di una ricerca.
Tanto più che le molecole da studiare per questo interessante device medico potrebbero essere anche altre! Questa ricerca traslazionale bench-to-bedside si svolge in un ambiente di collaborazione strettissima con la componente clinica: il professor Luigi Fontana, direttore dell’UO di Oftalmologia, Università di Bologna e IRCCS AOU BO, immagina l’espansione delle indicazioni all’utilizzo del device per il trattamento di infezioni corneali, nella guarigione post chirurgica dei pazienti trapiantati di cornea. E chissà quanto altro ancora: il vero fine della ricerca traslazionale è che non sai dove ti porta!