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Nepotismo e favoritismi riducono la produttività delle aziende familiari

Un’indagine su oltre 800 dipendenti in 186 piccole e medie imprese familiari italiane mostra che la presenza di pratiche discriminatorie non solo penalizza i talenti interni, ma danneggia anche la competitività aziendale nel lungo termine


Nelle piccole e medie imprese a conduzione familiare, il nepotismo e la tendenza a privilegiare i membri dalla famiglia proprietaria per posizioni di responsabilità scoraggiano gli altri dipendenti, con conseguenze negative sulla produttività e la stabilità aziendale.

A mostrarlo è una delle prime indagini mai realizzate su questo tema, pubblicata sul Journal of Family Business Management e firmata da Filippo Ferrari, professore al Dipartimento di Scienze aziendali dell’Università di Bologna.

Lo studio ha analizzato le condizioni di lavoro di oltre 800 dipendenti in 186 piccole e medie imprese familiari italiane, mostrando la presenza di pratiche discriminatorie e dei loro effetti negativi su diversi indicatori di benessere aziendale legati alla produttività.

"Le pratiche discriminatorie che abbiamo individuato sono solitamente involontarie o agite in assoluta buona fede da parte dei vertici dell’impresa, ma hanno effetti rilevanti sul senso di appartenenza, sul senso di giustizia percepito all'interno dell'organizzazione e sull'intenzione di arrivare alle dimissioni da parte dei dipendenti che non fanno parte della famiglia che guida l'azienda", spiega Ferrari.

Le piccole e medie imprese a conduzione familiare sono il modello imprenditoriale più diffuso a livello globale. Nonostante questo, però, il tema del trattamento iniquo spesso riservato ai lavoratori che non fanno parte della famiglia alla guida dell'azienda è ancora poco esplorato nelle strategie di gestione delle risorse umane.

I risultati di questo studio confermano che le aziende familiari presentano in molti casi dinamiche disfunzionali, soprattutto per quanto riguarda la scelta di membri della famiglia proprietaria per ricoprire incarichi di responsabilità indipendentemente dalle competenze e capacità possedute. Emerge quindi la forte necessità di inserire il tema dell'inclusione e della gestione della diversità nell’agenda delle politiche aziendali.

"La mancanza di equità, causata dalla gestione nepotistica delle posizioni lavorative, non solo penalizza i talenti interni, ma danneggia anche la competitività dell’azienda nel lungo termine", conferma Ferrari. "Per questo, la percezione della presenza di pratiche discriminatorie riduce significativamente l’impegno organizzativo e il senso di giustizia tra i dipendenti, aumentando il rischio di turnover e minando il clima aziendale".

Le piccole e medie imprese familiari dovrebbero quindi adottare politiche di gestione delle risorse umane più trasparenti e basate sul merito. Criteri di selezione oggettivi, rotazione dei ruoli, percorsi di carriera basati sulle competenze riconosciute sono tutte pratiche che possono contribuire a creare un ambiente di lavoro più equo e produttivo.

"Nelle piccole e medie imprese è spesso difficile trovare il giusto equilibrio tra relazioni informali basate sulla fiducia e la collaborazione quotidiana da un lato e la formalizzazione di processi di gestione delle risorse umane dall’altro", conclude Ferrari. "Questo studio vuole essere un punto di partenza per stimolare una riflessione sulle pratiche di gestione delle aziende familiari e per promuovere politiche più inclusive, in grado di valorizzare il talento indipendentemente da parentele o appartenenze".

Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Family Business Management con il titolo “‘All employees are equal… but some are more equal than others.’ Role identity and nonfamily member discrimination in family SMEs”. La ricerca è stata coordinata da Filippo Ferrari, professore al Dipartimento di Scienze aziendali dell’Università di Bologna.