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Quando si spera nell’insufficienza

Nell'ambito dell'iniziativa PhD Storytelling Lab, Ylenia Bartolacelli, dottoranda al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, presenta un sistema a punti che, basandosi su parametri ecocardiografici, permette di predire lo sviluppo di una cardiopatia e di destinare quindi alle giuste cure solo chi ne ha davvero bisogno


La rassegna delle storie di ricerca raccontate da giovani protagonisti nasce dall'iniziativa PhD Storytelling, che ha visto dottorande e dottorandi confrontarsi con esperti di divulgazione e comunicazione dell'Università di Bologna e professionisti di UGIS (Unione Giornalisti Italiani Scientifici). Autrice di questo articolo è Ylenia Bartolacelli, dottoranda al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche


Immaginate come affrontereste l’attesa se, dopo la nascita, il vostro bambino venisse portato in una terapia intensiva per essere monitorato e, forse, essere sottoposto a un intervento cardiochirurgico. Sarebbe estenuante. L’obiettivo della nostra ricerca è stato ridurre il più possibile il numero di famiglie destinate a subire un trauma in caso di una diagnosi prenatale incerta che spinge noi medici ad effettuare controlli utili, ma anche duri da digerire.

IL RUOLO DELLA DIAGNOSI PRENATALE
Si parla sempre di avanzamento tecnologico e, con orgoglio, utilizziamo spesso nuovi mezzi per identificare precocemente tante patologie. Già a partire dall’epoca fetale, quando con una semplice ecografia, detta “morfologica” e consigliata tra la diciannovesima e la ventiduesima settimana di gestazione, riusciamo a capire se il cuore del nascituro sia sano o no.

Purtroppo, però, a causa della presenza di determinati parametri durante l’ecografia, a volte la valutazione prenatale lascia un dubbio: dopo la nascita, quel bambino, quel figlio che la coppia aspetta per mesi, potrebbe sviluppare una patologia nota come coartazione aortica.

Si tratta del restringimento severo, quasi l’ostruzione completa, dell’aorta, il vaso più grande che porta il sangue a tutto il corpo. In presenza di un grave impedimento, gli organi irrorati dalla parte di vaso a valle del restringimento vanno incontro a una sofferenza che può condurre all’ischemia, ovvero la morte dei tessuti. Così come si perde il raccolto in un campo di grano che non riceve più acqua perché si intasa il sistema di irrigazione, il mancato flusso di sangue porta in pochi giorni, se non corretto, al decesso del paziente.

UN LIMBO DI INCERTEZZA
Ma perché solo un dubbio in fase prenatale e non una certezza? Perché in utero esiste una struttura comune a tutti i feti e fondamentale durante la gestazione: il dotto arterioso. Quest’ultimo permette il passaggio di sangue dal cuore all’aorta ed aggira l’eventuale problema della coartazione, la cui diagnosi può essere, quindi, confermata solo dopo la nascita.

Per identificare se davvero tale condizione si svilupperà, il neonato deve essere monitorato e valutato ripetutamente in attesa che il dotto arterioso si restringa completamente. Sì, perché il dotto arterioso, nei primi giorni di vita, si chiude in quasi tutti i bambini, anche se con tempistiche diverse. E fino a che ciò non accade, si resta in un limbo di incertezza.

La diagnosi di coartazione si può fare con sicurezza solo quando il dotto è chiuso ed è per questo che, in gravidanza (quando il dotto è sempre aperto), in base a determinate caratteristiche, può sorgere un legittimo dubbio da confermare o meno successivamente.

IL COMOD
Il nostro gruppo di lavoro è stato in grado di identificare, tra tutti, quali parametri ecocardiografici si possono associare a un rischio aumentato di sviluppare la coartazione aortica. Pertanto, abbiamo costruito un modello di riferimento (COMOD= COarctationMODel) che, basandosi su alcuni dati ben precisi, evidenzia un punteggio oltre cui è altamente probabile che si svilupperà la patologia indicata e sarà necessario un intervento chirurgico.

Usando una sorta di “schedina a punti”, siamo in grado di identificare i pazienti ad alto rischio, per destinarli al monitoraggio in terapia intensiva. Al tempo stesso permettiamo agli altri neonati a basso rischio di tornare subito tra le braccia dei genitori, riservando loro successivi controlli senza urgenza e senza necessità di essere ospedalizzati.

DATI PROMETTENTI
I dati dello studio necessitano ancora di essere validati con un gruppo più ampio di pazienti, ma, fino ad ora, sembrano promettenti. Il nostro sistema è stato in grado di predire correttamente, nel 93% dei casi, chi svilupperà la coartazione e, in seguito, necessiterà di un intervento.

Ecco che, quindi, offriamo ai neogenitori la possibilità di affacciarsi subito alla vita come una famiglia, entrambi stretti intorno al proprio bimbo, che comincia già a collezionare voti. Questa volta, però, più è basso, più rende tutti felici.