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Giovanni Domenico Cassini e la nascita della meridiana più lunga del mondo, a Bologna

Il grande astronomo, nato 400 anni fa, la progettò e realizzò dentro la Basilica di San Petronio: ufficialmente per confermare la correttezza del calendario gregoriano, ma in realtà per cercare risposte a questioni di cui, nello Stato Pontificio del 1655, era meglio non parlare


Ritratto di Giovanni Domenico Cassini realizzato da Léopold Durangel. Cassini ha insegnato all'Università di Bologna dal 1650 al 1669


Dalla navata sinistra della Basilica di San Petronio, Giovanni Domenico Cassini guarda in alto, verso il muro di fondo, e traccia nella penombra una linea immaginaria che attraversa in diagonale il pavimento, sfiorando appena le basi delle imponenti colonne. Sa che non sarà facile, ma quella che ha tra le mani è un’occasione unica. Se i suoi calcoli sono corretti, potrebbe riuscire a costruire uno strumento straordinario: una meridiana di dimensioni mai viste, grazie alla quale osservare i movimenti del Sole con un altissimo livello di precisione. E cercare risposte a domande di cui ancora è meglio non parlare.

“Cassini aveva un carattere molto diverso da quello di Galileo: per tutta la sua vita non fece mai dichiarazioni esplicite rispetto alle ipotesi di eliocentrismo e al sistema copernicano. Era molto cauto, e interessato soprattutto a ottenere mezzi e strumenti per portare avanti le sue ricerche”. A parlare è Bruno Marano, Professore Emerito di Astronomia e Astrofisica all’Università di Bologna e Presidente del Comitato per l’Anno Cassiniano 2025: il programma di eventi che celebra i 400 anni dalla nascita di uno dei più grandi astronomi di tutti i tempi.

L’Alma Mater è tra i promotori delle celebrazioni. Perché a Bologna Giovanni Domenico Cassini ha vissuto per molti anni, insegnando all’Università e realizzando scoperte fondamentali sui corpi celesti del Sistema Solare. E a Bologna ha anche lasciato, dentro la Basilica di San Petronio, quella che ancora oggi è la meridiana più lunga del mondo. Un’opera straordinaria, nata ufficialmente per confermare la correttezza del calendario gregoriano, ma con cui Cassini sperava di fare altre osservazioni, non così semplici da giustificare nello Stato Pontificio del 1655.

La Basilica di San Petronio, a Bologna: al suo interno si trova la meridiana più lunga del mondo, progettata da Giovanni Domenico Cassini

 

“Cassini era nato nel 1625 a Perinaldo, nella Repubblica di Genova, e si era formato in matematica e astronomia al Collegio dei Gesuiti di Genova”, racconta Elisabetta Rossi, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia "Augusto Righi" e il Sistema Museale di Ateneo dell’Alma Mater, che a Giovanni Domenico Cassini ha dedicato la sua tesi di laurea. “A Bologna era arrivato nel 1649, chiamato dal marchese Cornelio Malvasia per fare osservazioni nella specola della sua villa privata a Panzano, in provincia di Modena”.

Ma oltre a essere un grande appassionato di astronomia, il marchese Malvasia era anche un importante membro del Senato bolognese, che all’epoca controllava l’Ateneo. E proprio in quegli anni, la cattedra di matematica e astronomia era vacante.

“Quella cattedra era stata del grande matematico Bonaventura Cavalieri, morto nel 1647”, spiega Bruno Marano. “Così Malvasia convinse il Senato ad assumere il giovane Cassini, che però dovette aspettare il 1650 per prendere servizio, perché all’epoca non si poteva accedere alla biblioteca dell’Archiginnasio, dove aveva sede l’Ateneo, prima dei 25 anni di età”.

Elisabetta Rossi, assegnista di ricerca al Dipartimento di Fisica e Astronomia "Augusto Righi" e al Sistema Museale di Ateneo dell’Alma Mater, e Bruno Marano, Professore Emerito di Astronomia e Astrofisica all’Università di Bologna e Presidente del Comitato per l’Anno Cassiniano 2025


Nonostante fosse molto giovane, Cassini si fece strada rapidamente all’interno del mondo accademico e scientifico bolognese, tanto che pochi anni più tardi venne affidato a lui il progetto di una nuova meridiana da costruire nella basilica di San Petronio.

“Dentro San Petronio esisteva già una meridiana cinquecentesca, di medie dimensioni, costruita da Egnazio Danti: il muro da cui entrava il raggio solare che la animava era stato però abbattuto agli inizi del Seicento per dei lavori di ampliamento della Basilica”, dice Bruno Marano. “A quel punto, Cassini insistette per farne una molto più grande: non lo dichiarò mai esplicitamente, ma in testa aveva l’idea di creare uno strumento per fare misure scientifiche molto precise, ben oltre quelle che potevano servire per usi liturgici o di controllo del calendario”.

Il progetto aveva dimensioni grandiose. Il foro gnomonico - da cui entra il raggio solare - doveva essere posizionato a circa 27 metri di altezza, per creare una meridiana che sfruttasse tutta la lunghezza della basilica, attraversandola in diagonale per quasi 67 metri. Ma un progetto così ambizioso era anche molto costoso, e Cassini aveva bisogno di trovare una buona giustificazione per ottenere i fondi necessari dal Senato bolognese.

Disegno della meridiana di San Petronio realizzato da Giovanni Domenico Cassini (AMS Historica)


“Bologna era la seconda città dello Stato Pontificio, dopo Roma, e per farsi finanziare un progetto così imponente Cassini doveva convincere la Chiesa della sua utilità”, dice Elisabetta Rossi. “Ci riuscì sostenendo che la nuova meridiana avrebbe potuto offrire prove convincenti della correttezza del calendario gregoriano, che era stato introdotto una settantina di anni prima e che permetteva di calcolare in modo regolare la data della Pasqua”.

Giovanni Domenico Cassini, però, pensava ad altro. Pensava a Copernico e a Keplero. Pensava alle grandi domande che, a poco più di vent’anni dal processo a Galileo Galilei, ancora non si potevano fare apertamente, ma che tutti gli astronomi dell’epoca conoscevano molto bene.

Il 21 giugno 1655, nel giorno del solstizio d’estate, si pose la prima pietra della meridiana e il 22 settembre 1655, in occasione dell’equinozio d’autunno, Cassini invitò “li professori di Matematica e Filosofia e gli altri curiosi” a osservare lo strumento astronomico in azione. Fu un successo: nella grande camera oscura di San Petronio, il raggio solare attraversò le navate della basilica, passando “fra quelle colonne, che erasi creduto impedirne la descrizione”. Grazie a quella meridiana straordinaria, che Cassini chiamò “eliometro”, era possibile osservare i movimenti del Sole con una precisione mai vista prima.

Il disco solare riflesso sulla meridiana di San Petronio. Grazie a questo strumento, Cassini è riuscito a realizzare la prima conferma sperimentale della seconda legge di Keplero


"La domanda che Cassini aveva in mente riguardava la velocità del moto apparente del Sole, che sembra muoversi più lentamente in estate e più velocemente in inverno" spiega Elisabetta Rossi. "Secondo gli antichi, questa differenza era dovuta alla diversa distanza Terra-Sole durante l'anno. Cassini si chiedeva invece se la variazione di velocità fosse reale e spiegabile con un moto non uniforme".

Come aveva sperato, fu proprio la meridiana di San Petronio a permettergli di trovare una risposta. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, riuscì infatti a misurare con un minimo margine di errore non solo le variazioni della velocità con cui la luce si muoveva lungo la meridiana, ma anche le variazioni delle dimensioni del diametro del Sole riflesso sul pavimento della basilica.

“Grazie a queste osservazioni, Cassini dimostrò che la variazione del moto apparente del Sole è reale: più veloce d’inverno, quando la Terra è al perielio, il punto più vicino al Sole, e più lenta d’estate, quando è all’afelio, il punto più lontano”, dice Elisabetta Rossi. “Si tratta della prima conferma sperimentale della seconda legge di Keplero: la velocità di un pianeta in un’orbita ellittica cambia a seconda della distanza dal corpo celeste attorno a cui sta ruotando”.

Ma è il Sole che cambia velocità ruotando attorno alla Terra oppure il contrario? Cassini di questo non parla: i suoi calcoli sono corretti in entrambi i casi. E mantenendo sempre questo equilibrio, tra ciò che si può osservare e ciò di cui si può parlare, continua le sue osservazioni e la sua esplorazione del Sistema Solare.

Illustrazione dal volume "La meridiana del tempio di S. Petronio tirata, e preparata per le osseruazioni astronomiche l'anno 1655", di Giovanni Domenico Cassini (AMS Historica)


“Cassini fu sempre molto cauto rispetto alle ipotesi di eliocentrismo e al sistema copernicano. Eppure, tutti i suoi studi e calcoli, incluse le osservazioni che fece grazie alla meridiana di San Petronio, diedero numerose evidenze a sostegno di questa teoria”, conferma Elisabetta Rossi. “Ma anche se non aderì mai esplicitamente al modello eliocentrico, il suo lavoro fu fondamentale per le generazioni successive di astronomi e quindi per lo sviluppo dell’astronomia”.

Nel 1669, grazie alla fama ottenuta a Bologna, Giovanni Domenico Cassini fu chiamato nella Parigi di Luigi XIV per lavorare al nuovo osservatorio astronomico dell’Académie Royale des Sciences. A Bologna aspettarono per anni il suo ritorno, la sua cattedra rimase a lungo vacante. Ma Cassini decise di restare in Francia. Morì a Parigi nel 1712.

“La meridiana di San Petronio è l’eredità più visibile che Cassini ha lasciato a Bologna: non solo perché si tratta di uno straordinario strumento astronomico, ma anche perché è il simbolo di un modo nuovo di fare ricerca”, dice in conclusione Bruno Marano. “Con Cassini la scienza entra in una fase nuova: non è più una questione individuale, ma si mostra al pubblico, diventa un sistema aperto e collettivo, in cui più persone possono collaborare per trovare insieme nuove risposte e nuove soluzioni”.