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Contro i conflitti e per la sostenibilità: ecco i Corridoi Ecologici per la Pace

In un mondo sempre più segnato dagli impatti umani e dalle guerre, arriva una nuova strategia di conservazione che promuove la cooperazione tra paesi confinanti e la connettività degli ecosistemi e della fauna selvatica. UniboMagazine ne ha parlato con Roberto Cazzolla Gatti, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, che ha presentato la proposta sulla rivista Biological Conservation

"La natura non conosce confini: ciò che gli esseri umani dividono, tutti gli altri esseri viventi uniscono". A parlare è Roberto Cazzolla Gatti, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna, che a partire da questa idea, semplice ma per niente banale, ha ideato i Corridoi Ecologici per la Pace: una nuova strategia di conservazione che potrebbe rivelarsi essenziale per preservare la biodiversità e promuovere la pace.

Presentati ufficialmente con un paper pubblicato sulla rivista Biological Conservation, i Corridoi Ecologici per la Pace offrono un’opportunità unica per affrontare sia la risoluzione dei conflitti che la tutela ambientale in varie zone di confine. Potrebbero essere realizzati ad esempio nelle aree tra Ucraina, Russia, Bielorussia e Polonia, tra Palestina e Israele, tra Cina, India e Pakistan, tra Stati Uniti e Messico, tra Ruanda, Tanzania, Uganda e Congo.

UniboMagazine ne ha parlato con il professor Cazzolla Gatti per capire più nel dettaglio di che cosa si tratta.

Professor Cazzolla Gatti, cosa sono i Corridoi Ecologici per la Pace?
In un mondo sempre più segnato dagli impatti umani e dalle guerre, c'è un urgente bisogno di aree protette e zone libere da conflitti: serve una rivalutazione delle strategie di conservazione e cooperazione. Da qui nasce l'idea dei Corridoi Ecologici per la Pace: zone progettate lungo e attraverso i confini transnazionali per connettere aree protette oggi frammentate, integrando gli sforzi di conservazione con la promozione della pace e della cooperazione internazionale.

È un’idea che nasce dall’esperienza dei corridoi umanitari?
I corridoi umanitari sono fondamentali per gli spostamenti sicuri delle persone, per la consegna del cibo, la fornitura di medicine e altre risorse di base alle popolazioni colpite dalla guerra. Esistono poi i corridoi ecologici, utili soprattutto per favorire il movimento delle specie selvatiche e vitali per la protezione della biodiversità. I Corridoi Ecologici per la Pace uniscono entrambe queste funzioni e possono fungere da zone cuscinetto naturali, contribuendo a ridurre il rischio di conflitti favorendo, al tempo stesso, la connettività ecologica.

Perché pensa siano oggi necessari?
Oggi c'è una richiesta globale per raggiungere gli obiettivi dell'iniziativa 30x30 per la protezione della biodiversità, che mira a tutelare il 30% del pianeta entro il 2030. Tuttavia, gli sforzi di conservazione possono essere poco efficaci tutelando solo “isole di conservazione” scollegate tra loro. I Corridoi Ecologici per la Pace possono rivelarsi quindi fondamentali: i paesi confinanti possono collaborare agli sforzi di conservazione, promuovendo allo stesso tempo la pace e riducendo le controversie territoriali o i conflitti per le risorse.

Esistono già esperienze simili?
Pur non trattandosi di una rete di aree protette interconnesse dai Corridoi Ecologici per la Pace, un esempio, in parte involontario, è quello della DMZ, la zona demilitarizzata tra Corea del Nord e Corea del Sud, che oltre ad essere un'area cuscinetto tra le due nazioni, con il tempo è diventata anche un hotspot di biodiversità. C’è poi il caso del Parco transfrontaliero del Grande Limpopo, tra Mozambico, Sudafrica e Zimbabwe, che ha ottenuto importanti risultati per la cooperazione tra questi paesi africani e per la conservazione di elefanti, rinoceronti e grandi predatori. Un esempio in negativo, invece, è quello del muro di confine tra Stati Uniti e Messico, che ha ostacolato il movimento di specie come giaguari e ocelot, riducendo la diversità genetica e minacciando la vitalità di queste popolazioni animali.

E in che modo questi corridoi possono ridurre i conflitti?
Questi corridoi si fondano sul legame imprescindibile tra ambiente, specie selvatiche e salute umana, dimostrando come la protezione della natura possa promuovere sia la biodiversità che la coesistenza pacifica tra popolazioni umane e tra queste e la vita selvatica. Per questo, i Corridoi possono essere fondamentali nella costruzione della pace (peacebuilding) prima di un'escalation o negli sforzi di mantenimento della pace (peacekeeping) dopo la fine di un conflitto. Ad esempio, dove ci sono tensioni o focolai di guerra, task force composte da scienziati, ONG, decisori politici e diplomatici di paesi confinanti e organismi internazionali potrebbero sviluppare strategie per creare Corridoi Ecologici per la Pace come misura preventiva, promuovendo la cooperazione e la stabilità prima che la situazione degeneri.

Cosa servirebbe per progettarli e per realizzarli?
La proposta dei Corridoi Ecologici per la Pace include anche una metodologia che prevede l'uso dell'Intelligenza Artificiale per identificare i possibili territori interessati e un sistema di zonizzazione simile a quello in uso nei parchi nazionali italiani come modello per bilanciare la conservazione con le esigenze umane. Nelle zone che sono state interessate da conflitti, ad esempio, le infrastrutture militari possono essere rimosse, la vegetazione ripristinata e i corridoi pattugliati per promuovere la biodiversità e la pace: un approccio integrato che, creando spazi neutrali, garantisce la sicurezza sia delle persone che della biodiversità.