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I licheni delle Dolomiti sono in pericolo

A causa del cambiamento climatico, in alcuni casi riusciranno a sopravvivere solo alle altitudini più elevate e in molti altri, sorprendentemente, si sposteranno verso il basso, inseguendo le aree con maggiori precipitazioni


Lichene di specie Physcia su roccia dolomia e, sullo sfondo, la Bocca di Brenta, nel Parco Naturale Adamello-Brenta

La crisi climatica minaccia la sopravvivenza dei licheni nelle Dolomiti e nelle Alpi Orientali italiane. Secondo una nuova indagine, guidata da studiosi dell’Università di Bologna e pubblicata sulla rivista Diversity and Distributions, circa il 40% delle specie oggi presenti resisterà solo alle altitudini più elevate, mentre in molti altri casi, sorprendentemente, i licheni si sposteranno a quote più basse, inseguendo le aree con maggiori precipitazioni.

"Il cambiamento climatico influenzerà in maniera sostanziale la distribuzione dei licheni nelle Dolomiti", conferma Luana Francesconi, assegnista di ricerca al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell'Università di Bologna, prima autrice dello studio. "La nostra analisi mostra una risposta estremamente eterogenea delle diverse specie, e gli spostamenti verso l’alto, tradizionalmente considerati la dinamica prevalente negli ecosistemi montani, risultano meno comuni del previsto".

Gli ecosistemi montani, considerati tra i più fragili e vulnerabili del pianeta, stanno subendo profondi cambiamenti a causa della crisi climatica. Le Alpi sono un caso emblematico: negli ultimi decenni hanno infatti visto un incremento termico doppio rispetto alla media dell’emisfero terrestre settentrionale, con conseguenze dirette sulla distribuzione della fauna e della flora.

Per poter calibrare i modelli sono stati utilizzati dati di presenza dei licheni dall’area che include tutte le Alpi (riquadro nero). I risultati sono stati poi proiettati sull’area di interesse (in rosso), corrispondente all’area del progetto Dolichens, che include le Dolomiti italiane

 

In questo contesto, i licheni svolgono un compito fondamentale di sentinelle per comprendere l’impatto del cambiamento climatico sull’ambiente. Questi organismi contribuiscono infatti ai cicli dei nutrienti, alla formazione e stabilizzazione del suolo e offrono un microhabitat per la sopravvivenza di diverse specie.

Per la loro fisiologia, sono però anche estremamente sensibili ai fattori climatici. I licheni, infatti, non riescono a controllare in modo attivo l'acqua che contengono e vivono quindi in equilibrio con le condizioni ambientali esterne. Di conseguenza, variazioni di temperatura e umidità come quelle attese nei prossimi decenni, potrebbero influenzare in maniera significativa i loro processi metabolici e la loro capacità di crescita.

"Nonostante la loro importanza ecologica, i licheni rimangono organismi poco studiati e per lungo tempo sono mancati dati adeguati a valutare gli effetti del cambiamento climatico sulla loro distribuzione", spiega Juri Nascimbene, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell'Università di Bologna, che ha coordinato lo studio. "Per questo, abbiamo voluto offrire il nostro contributo per colmare questa lacuna, raccogliendo e integrando dati di alta qualità sulla presenza dei licheni nelle Dolomiti e nelle Alpi orientali italiane".

Un lichene artico alpino (Solorina crocea) facilmente identificabile dal colore arancio acceso della superficie inferiore dei lobi. Tipico di suoli acidi di alte quote, subirà un drastico declino in futuro e non presenta possibilità di migrazione altitudinale, esponendosi ad un alto rischio di estinzione

 

Il progetto, coordinato dall'Alma Mater, si chiama Dolichens: l'insieme dei dati raccolti ha permesso agli studiosi di costruire una serie di scenari per capire in che modo l'impatto del cambiamento climatico influenzerà la distribuzione delle specie di licheni nelle Dolomiti, individuando possibili "aree rifugio" e stimando eventuali spostamenti ad altitudini maggiori o inferiori.


Il gruppo di ricerca ha utilizzato un dataset di 21.884 occorrenze georeferenziate per mettere a punti modelli di distribuzione di specie, applicati a 272 varietà di licheni. Utilizzando diversi scenari climatici - uno di mitigazione, che prevede una riduzione significativa delle emissioni, e uno che riflette invece il proseguimento della traiettoria attuale - è stato possibile esplorare come differenti traiettorie climatiche possano influenzare la persistenza e i potenziali spostamenti delle specie.

"In generale, le popolazioni di licheni tenderanno a contrarsi, trovando rifugio soltanto in aree con condizioni climatiche più conservative, come le zone centrali delle Alpi caratterizzate da un clima continentale relativamente stabile", spiega Luana Francesconi. "Tuttavia, molte delle aree identificate come potenziali rifugi climatici si trovano al di fuori delle attuali aree protette, il che rende più complessa l’effettiva tutela delle popolazioni licheniche, anche a causa di pressioni aggiuntive quali la gestione forestale e l’inquinamento atmosferico".

Possibili rifugi climatici (colori più chiari) per specie licheniche criofile, intermedie e termofile nell’area Dolomitica sotto uno scenario ad alte emissioni

 

I risultati mostrano che per circa il 40% delle specie ci sarà una riduzione delle aree in cui potranno sopravvivere: resisteranno alle altitudini più elevate e in alcuni casi si espanderanno ancora più in alto.

Contrariamente alle attese, però, il restante 60% delle specie di licheni non seguirà questo spostamento. Alcune si sposteranno anzi verso il basso, probabilmente in risposta a cambiamenti delle aree con più precipitazioni, anche a medie altitudini o in versanti particolari. E nelle Alpi si trovano anche diversi "micro-rifugi climatici", come valloni umidi o vallette nivali, dove la neve resiste per molti mesi, che potrebbero garantire la sopravvivenza di diverse popolazioni di licheni.

"Questi risultati confermano la necessità di ampliare le nostre conoscenze sulla varietà, la distribuzione e il comportamento dei licheni: organismi sensibili, ma ecologicamente fondamentali", dice in conclusione Juri Nascimbene. "Sarà ora necessario integrare queste nuove evidenze scientifiche nelle strategie di conservazione, in modo da salvaguardare la biodiversità lichenica in un contesto di rapidi cambiamenti globali".

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Diversity and Distributions con il titolo “Range Shift and Climatic Refugia for Alpine Lichens Under Climate Change”. Per l’Università di Bologna hanno partecipato Luana Francesconi, Michele Di Musciano, Luca Di Nuzzo, Gabriele Gheza, Chiara Pistocchi e Juri Nascimbene.