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Un'abbuffata di cultura

Il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Bologna promuove un Corso di Alta Formazione in “Manager per la gestione del turismo enogastronomico”, il cui obiettivo è la valorizzazione del cibo come strumento simbolico per abbracciare le altre forme di  cultura presenti nel territorio.
Cuochi al lavoro “Non c’è banchetto senza musica”. Questa citazione della Bibbia è l’introduzione ideale al nuovo Corso di Alta Formazione in “Manager per la gestione del turismo enogastronomico” organizzato dal Dipartimento di Sociologia dell’Università di Bologna. Egeria Di Nallo, la docente coordinatrice del progetto, afferma infatti che “l’obiettivo principale del percorso formativo è quello di inserire il cibo in un orizzonte culturale più ampio, che insegni ai futuri operatori del settore a usare il convivio come tramite simbolico per far apprezzare al consumatore non solo il piacere del palato ma anche la storia, le tradizioni, il territorio e le opere d’arte della comunità a cui il piatto appartiene”.

Il prodotto finale del corso non vuole essere un semplice promotore di una sagra paesana, ma un operatore sensibile al contesto territoriale in cui opera, capace di creare sinergie economiche a monte, tra i produttori e i distributori del cibo, e sinergie culturali a valle, tra il consumatore e l’universo simbolico che circonda le pietanze. Ognuna di queste infatti, oltre a essere uno stimolo percettivo per il nostro palato e un stimolo interattivo alla nostra socialità, è anche una metafora dell’etnia a cui appartiene. Per esempio, sono molto significativi al proposito i pasti ebraici: essi sono divisi esattamente come divise sono le tribù dopo la diaspora.

In risposta a queste finalità due sono i filoni didattici che, tra il marzo e l’ottobre del 2004, si intersecheranno nelle lezioni. Da un lato c’è il percorso economico-manageriale, propedeutico alla corretta pianificazione di un efficace marketing territoriale. Dall’altro c’è il percorso psico-sociologico, finalizzato alla valorizzazione culturale del mondo “cucinario” (neologismo coniato dalla Di Nallo per allontanare alcune velature dispregiative di “culinario”, N.d.R.) . Nel complesso, quindi, un’infarinatura teorica multidisciplinare chiamata a integrare i tradizionali stage e gli originali momenti ricreativi nelle cucine, occasioni queste ultime, dove, tra mani in pasta e grembiuli al fianco, i frequentatori impareranno sul loro corpo la stratificata elaborazione sottesa ai piatti che arrivano sulle tavole.

“Destinatari di questa proposta – conclude la Di Nallo – sono tutti coloro che a titolo personale o professionale sono interessati al cibo: abbiamo avuto proprietari di alberghi, ristoratori, giovani in carriera, medici e semplici appassionati. Figure molto diverse insomma che, statistiche alla mano, hanno tutte beneficiato dei nostri insegnamenti, andando a lavorare in enti per la valorizzazione del territorio o organizzazioni turistiche come il Touring Club”.