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Il mondo dello sport piange il suo Pirata

Migliaia di e-mail e tanti commenti il giorno dopo la diffusione della notizia della morte di Marco Pantani. Ne abbiamo parlato con il prof. Merni che insegna Teoria e Metotologia dell'allenamento a Scienze Motorie.
Pantani “L’equazione tra un grande campione e una forte personalità non è vera”. E’ il commento del prof. Franco Merni di Scienze Motorie.

Il caso Pantani che sta commuovendo il paese e si è conquistato le prime pagine dei giornali, fa discutere in Italia e nel mondo. Si attende ancora l’esito dell’autopsia del campione di 34 anni trovato morto in un residence di Rimini sabato scorso. Ma non sono un segreto la sua solitudine e il suo ricorso ai farmaci.

Sono moltissime le aspettative che si hanno sugli atleti, forse un carico eccessivo…
"In pochi lo hanno detto in questi giorni. I mass media ci hanno abituato a vedere campioni fortissimi fisicamente e psicologicamente. Il fatto è che non avviene così. Mi è capitato spesso di vedere atleti fortissimi che però non hanno delle fortissime personalità e alla prima difficoltà crollano. Vanno giù letteralmente di testa".

Già dal 1995 le perizie mediche parlavano di "depressione psicofisica" del Pirata di Cesenatico. Quanto è necessario che alla preparazione fisica degli atleti si affianchi un sostegno psicologico?
"Il sostegno psicologico è molto importante. Tutte le grandi squadre ormai hanno anche uno psicologo, e anche Pantani non era solo da questo punto di vista. Era anche stato ricoverato di recente, da quello che ho letto. Personalmente però non lo conoscevo".

Negli appunti trovati nella stanza di Pantani frasi disperate e accuse di complotto. Molti parlano di lui come di un capro espiatorio. Ma l’assunzione di farmaci per migliorare le proprie prestazioni sportive è pratica diffusa tra gli atleti…
"Sì lo è, ma dipende dalle quantità. Pensi ad esempio che per fare una tappa tipo quelle dei ciclisti ci vogliono circa 8000 calorie al giorno. Questo equivale a quattro piatti di pasta o a quattro fiorentine. Fare uso di alcuni integratori permette di avere le stesse calorie mangiando di meno e quindi evitando, per esempio, di appesantire il fegato.Non bisogna fare di tutta l’erba un fascio".

E i rischi, secondo lei, quanto sono noti agli atleti? 
"Lo sono. Molti degli atleti e parliamo ora dei ciclisti sono consapevoli di quello che fanno. Sanno di rischiare e che qualcuno ogni tanto muore. Ma del resto si rischia l’osso del collo anche quando si imbocca una discesa a 85 chilometri all’ora. Anche di quello si può morire".