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Sud est asiatico: aiuti secondo tradizione

Sotto il coordinamento del Ministero per gli Affari Esteri, anche l'Università di Bologna dà il suo contributo alla ricostruzione delle aree distrutte dallo Tsunami. Paesi in cui ogni intervento deve essere preceduto dallo studio delle tradizioni sociali e alimentari delle popolazioni del luogo.
Cartina del sud est asiatico Dopo il dramma e la commozione, per i paesi del sud est asiatico colpiti dallo tsunami è tempo di ricostruzione. Dietro all'emergenza sanitaria si nasconde infatti un'economia distrutta nei mezzi e nelle persone. Intervenire è urgente, "ma - precisa il prof. Bruno Marangoni, coordinatore delle proposte avanzate dall'Università di Bologna al Ministero per gli Affari Esteri - occorrono azioni coordinate e programmate, che abbiano come punto di partenza il rispetto delle tradizioni e delle abitudini del luogo". L'alternativa è il rischio di produrre effetti controproducenti e scatenare l'ostilità delle comunità locali. "E' inutile - afferma per esempio Marangoni - impiantare un allevamento di polli: nessuno li macellerà, perché, chi lo fa, diventa intoccabile". Il primo passo è dunque lo studio della gente e della loro cultura, che l'Università di Bologna ha avviato da tempo promuovendo tesi al confine dell'antropologia nella regioni del Tamil Nadu e di Bangalore. Per capire paesi "dove - commenta il professore - una zappa è a volte meglio di un trattore".

Passando ai gesti concreti, sono svariati i fronti su cui si concentreranno gli interventi che il Ministero degli Affari Esteri coordinerà avvalendosi del supporto operativo e consultivo di Organizzazioni Non Governative, Fao, Protezione Civile, Vigili del Fuoco e Università. Ci sono i terreni, che dovranno essere ricostruiti, livellati, depurati dal sale marino e dotati di un nuovo sistema di irrigazione. Ci sono le riserve di sementi e piante, che dovranno essere ripristinate per riattivare coltivazioni interamente distrutte. Ci sono i rifiuti che dovranno essere smaltiti. C'è il sistema di controlli veterinari, che dovrà essere potenziato per monitorare il flusso di bestiame. E ci sono scuole e ospedali che dovranno essere ricostruiti per creare una nuova generazione di lavoratori in grado di sostituire quella cancellata dallo tsunami.

In questo scenario l'Università si concentrerà sui progetti di medio e lungo periodo. Tra cui importante è la conservazione del territorio, che si concretizzerà per esempio con la tutela delle foreste di mangrovie. "Si tratta - spiega Marangoni - di foreste tipiche della fascia costiera molto simili alle nostre paludi: esse sono in primo luogo una risorsa alimentare, essendo ambienti favorevoli alla pesca, ma, con la loro fitta vegetazione, sarebbero potute essere anche un freno alla furia dello tsunami, se solo non fossero state distrutte dalla colonizzazione turistica selvaggia delle spiagge".

In Sri-Lanka, dove si concentreranno le azioni italiane, in India, che ha deciso di fronteggiare autonomamente l'emergenza, e negli altri paesi del sud est asiatico, la normalità impiegherà molto a tornare. "Anni", riflette Marangoni, auspicando che si ricostruisca migliorando la situazione precedente: "Con criteri di sviluppo eco-compatibili e magari facendo attenzione a portare scuole e ospedali in luoghi più riparati".
"Perché a volte - conclude il professore - sventare la tragedia è solo questione di metri".