Autore: Luciano Forlani
Editore: Clueb
Prezzo: 13 euro
"Il mio stile di vita non mi piace. Porta alla sensazione di essere fuori dalla natura. Delirio di potenza per schiantarsi contro il più naturale dei platani". E’ una delle tante frasi, tra il polemico e il sarcastico, che Luciano Forlani adotta nelle sue riflessioni sulla scienza, la filosofia, la natura e la religione. Ce ne sono tante in "Dal tetto in giù e dal tetto in su", il saggio, o meglio l’insieme di pensieri, che il docente di chimica organica raccoglie per scagliarsi contro il presunto predominio dell’uomo sulla natura, contro la presunta onnipotenza scientifica, contro i presunti contrasti tra la fede e la scienza.
La tesi centrale del testo, edito da Clueb, è l’appartenenza dell’uomo alla natura. L’uomo, con le sue attività, compresa la ricerca scientifica, ne è parte integrante. L’uomo quindi non può dominare la natura perché esso stesso è natura. L’uomo non ha vinto le leggi della natura per volare, ma ne ha sfruttare alcune per aggirarne altre. L’uomo ha formalizzato in equazioni matematiche l’attrazione gravitazionale e le reazioni nucleari, ma queste esistevano anche prima ed egli non potrà mai riuscire a spiegarne il perché ultimo, ma solo precisarne il come in maniera più dettagliata. "La ricerca scientifica è attività umana che sposta alcuni dei nostri limiti", scrive Forlani a pag. 45. Ma, prosegue il docente poche righe dopo, "un grosso limite (il massimo) della scienza è che riesce a chiarire il come, ma non il perché".
"E non tiriamo fuori la balla che la natura è irrazionale", lamenta inoltre Forlani a pag. 31. Essa appare tale perché nel nostro delirio di onnipotenza tendiamo ad antropizzarla, credendo sia nostro il diritto di decidere chi deve morire. La medicina, si dice spesso, pone rimedio alla natura "Questo – recita il testo a pag. 32 – è il punto di vista dell’uomo. Non è il punto di vista dei batteri o simili organismi, supposto che ne abbiano uno. Anche i batteri sono natura. La loro esistenza nel nostro organismo produce a noi disagio".
Il lungo preludio sul rapporto tra l’uomo e la natura è il passo che precede le considerazioni successive sulla religione. Forlani spende pagine per decostruire la contrapposizione tra fede e scienza, sottolineando il carattere "rivelato" del messaggio cristiano. "La chiave di lettura della Bibbia – scrive il professore a pag. 110 – non è scientifico-storica. Rivelazione non è scienza. E’ molto di più. Ridicolizziamo Omero per i suoi errori scientifici? Aveva altri scopi e usava la cultura e il linguaggio che possedeva. Così la Bibbia.". Il messaggio religioso può arrivare all’uomo solo mediato dalla corporeità e la corporeità della Bibbia era quella degli uomini di migliaia di anni fa, una percezione della natura ovviamente molto diversa da quella che la scienza ha dato a noi oggi. Una percezione che probabilmente continuerà ancora a evolvere, trasformando in leggenda popolare ciò che noi oggi riteniamo concetti attendibili come la teoria della relatività.
Errori nella descrizione della natura, dunque, dai quali però non si può ricavare nulla su Dio. Neanche la descrizione delle reazioni biochimiche che costruiscono in noi l’immagine di Dio potrà dire qualcosa sulla sua esistenza. "Nulla di corporeo può dimostrare che Dio esiste. Nulla di corporeo può dimostrare che Dio non esiste", conclude Forlani a pag. 125. La rivelazione pone l’uomo di fronte alla più totale libertà.