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Guerra santa, guerra e pace dal vicino oriente antico alle tradizioni ebraica, cristiana e islamica

Autore: Mauro Perani (a cura di)

Editore: Giuntina

Prezzo: 30 euro

Quanto influisce veramente la religione nei conflitti del mondo attuale? La risposta sta ancorata alla storia, nelle tradizioni culturali di millenni. Tra miti, orgoglio, politica e economia ecco la storia delle guerre islamiche, ebraiche e cristiane.

"Guerra santa, guerra e pace dal vicino oriente antico alle tradizioni ebraica, cristiana e islamica" è la raccolta di atti dell’omonimo convegno internazionale tenutosi tra Ravenna e Bertinoro lo scorso anno. La scelta del tema nasce dall’emergenza politica internazionale profilatasi a partire dagli attacchi terroristici dell’11 Settembre 2001. Viviamo, infatti, nelle parole del curatore del volume, Mauro Perani, in una situazione "di crescente conflitto, che vede affermarsi da un lato la guerra preventiva per esportare la democrazia e dall’altro l’incremento del fondamentalismo nel mondo islamico e in altre culture e religioni, il crescente ricorso al terrorismo kamikaze e la deriva militare-repressiva sempre più violenta nei conflitti fra popoli e nazioni".

Preso atto di ciò, i relatori si interrogano sulle motivazioni reali che si celano dietro ai conflitti, indagando quale sia l’effettivo ruolo delle religioni, senza paura di smascherarne possibili strumentalizzazioni e utilizzi pretestuosi.

La ricerca delle motivazioni ideologiche, politiche ed economiche segue un percorso storico che  parte migliaia di anni fa, e precisamente dal 2100 a.C., epoca in cui furono scritti i poemi epici sumerici. Questi spiegano, grazie alle avventure di guerra tra il re di Uruk e quello di Aratta, come ebbero inizio i conflitti tra Iraq e Iran, scatenati da questioni politiche, economiche e – non per ultime - anche da questioni di orgoglio.

L’escursus storico prosegue poi dividendo le filosofie culturali e religiose in tre rami: la tradizione ebraica, la tradizione cristiana e la tradizione islamica.

Dall’analisi della tradizione ebraica emerge l’antica ideologia del Dio guerriero che sprona i fedeli a conquistare la terra promessa e il graduale passaggio da questa visione a quella del giudaismo rabbinico. Secondo quest’ultima prospettiva, definitivamente affermatesi dopo la  distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C., il combattimento religioso è da interpretarsi esclusivamente nella sua dimensione spirituale.

Il pacifismo religioso viene accentuato dalla tradizione cristiana. Gli scritti del Nuovo Testamento proclamano, infatti, un lieto annuncio di pace, ben rappresentato dal passo di Efesini 2,11-21 che "tradisce grande attenzione ai rapporti conflittuali che dividevano allora il mondo, dal punto di vista culturale e religioso, nelle due metà antagonistiche dei giudei e dei gentili". La soluzione proposta è, naturalmente, il loro superamento in una riconciliazione benedetta dalla chiesa. Sempre sotto la stessa ottica vengono poi considerate la guerra santa nell’Impero Romano d’oriente e la guerra dell’epoca patristica.

Si cambia registro, infine, nella tradizione islamica che si snoda tra i testi del Corano, il concetto classico di Jihad e l’uso scorretto che se ne fa oggi, abbracciando l’utilizzo crescente del terrorismo. "La religione tradizionale si era sempre mantenuta su una linea di sostanziale moderazione, sconsigliando ogni forma di attivismo che tendesse ad alterare gli squilibri dello Stato; – spiega il relatore Alberto Ventura – gli ideologi moderni hanno invece proposto una visione molto più aggressiva, in completa rottura con il passato". Tale rottura si deve soprattutto al movimento Wahnabita/Saudita, una teologia puritana e iconoclasta diffusasi anche grazie al consenso dell’occidente. Il movimento non è poi stato in grado di controllare il meccanismo innescato, che si è trasformato nel violento e radicalismo islamico di tutt’oggi.