Logo d'ateneo Unibo Magazine
Home Archivio Fosforo bianco, piogge di fuoco dall’Operazione Gomorra a oggi

Fosforo bianco, piogge di fuoco dall’Operazione Gomorra a oggi

L’impiego in ambito militare del fosforo bianco ha una storia che affonda le radici già nel primo conflitto mondiale. Da allora sono cambiate le modalità di utilizzo, ma restano costanti gli effetti che questa sostanza ha sulle vittime civili durante le reazioni che la trasformano prima in un ossido e poi in un acido.
Simulazione dell'utilizzo di fosoforo bianco (da www.globalsecurity.org)

A temperatura ambiente è solido, ceroso e ha odore di aglio. Fu preparato per la prima volta dal mercante tedesco Henning Brandt nel 1669 a partire dall'urina, mentre oggi è prodotto industrialmente dalle rocce fosfatiche, riscaldate con silice e carbone in forni elettrici. Il soggetto in questione è il fosforo bianco, la molecola di quattro atomi balzata agli onori della cronaca dopo che il documentario di RaiNews24 ne ha documentato l’utilizzo durante il bombardamento di Falluja del novembre 2004.

Il dibattito sulle modalità di impiego di questa sostanza incendiaria in Iraq è ancora aperto: arma indirizzata contro la popolazione civile o strumento di illuminazione per scovare i nemici? In attesa di una risposta sicura, certo è che il fosforo bianco ha ormai una lunga storia sui campi di battaglia. Vi comparve per la prima volta nel primo conflitto mondiale. Il suo utilizzo fu massiccio, tanto che la sua produzione in Gran Bretagna crebbe dalle 1000 tonnellate del 1914 alle 2500 del 1918, ma prevalentemente fu impiegato per la creazione di cortine fumogene. Il salto di "qualità" avvenne solo nel corso del secondo conflitto mondiale. Per rispondere ai bombardamenti nazisti sulla Gran Bretagna, gli Alleati bombardarono Amburgo a fine luglio '43 utilizzando massicciamente il fosforo bianco sulle popolazioni civili. "L’azione Alleata su Amburgo – spiega in particolare Marco Taddia, docente di chimica dell’Università di Bologna – fu denominata operazione Gomorra, con un chiaro riferimento alla storia biblica e alla pioggia di fuoco dal cielo".

Il fosforo bianco è infatti un’arma incendiaria in grado di ustionare, disidratare, corrodere e avvelenare. "Il fosforo bianco – spiega Taddia – è una variante allotropica del fosforo (simbolo P) che reagendo con l’ossigeno si incendia spontaneamente. Il risultato della reazione con un eccesso di ossigeno è il pentossido di fosforo (P4O10), una sostanza acida avida d’acqua, con cui dà origine alll’acido fosforico (H3PO4), altamente corrosivo".

Ognuno di questi passaggi ha effetti devastanti su un’eventuale vittima umana. Il fosforo bianco, incendiandosi a contatto con l’aria, determina innanzitutto un’ustione su chi ne è colpito. Poi, giunto a contatto con un tessuto organico come la pelle, ne consuma l'acqua trasformandosi in acido e provocando un effetto corrosivo. I residui incombusti, liposolubili, sono fortemente tossici.

Il risultato finale di questa catena di reazioni può essere intuito a partire da uno studio condotto nel 1971 su un campione di 130 conigli: "Sottoposti a bruciature standard da fosforo bianco – cita il prof. Taddia da Annals of Surgery - il 65% degli animali è morto. Il 50% dei decessi si è verificato entro 18 ore, il 90% entro tre giorni".
Per quanto riguarda le conseguenze, la rivista Burns in un articolo del 2001 indica l’impiego del solfato rameico. Bagnando le ustioni con una soluzione acquosa di detta sostanza si evidenziano e si neutralizzano i residui, facilitandone la successiva rimozione mediante lavaggio. Le immagini riportate nel paper documentano in ogni caso danni gravi che spiegano perché il fosforo bianco sia inserito tra le sostanze il cui uso sulle concentrazioni di civili è bandito da un’apposita Convenzione Onu (Protocollo III).