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Home Archivio Afferrare un oggetto non è solo questione di vista. Trovati i neuroni che ci segnalano la nostra posizione nello spazio

Afferrare un oggetto non è solo questione di vista. Trovati i neuroni che ci segnalano la nostra posizione nello spazio

Una ricerca dell’Università di Bologna ha dimostrato che nella corteccia parietale posteriore metà dei neuroni è sensibile sia alle informazioni visive sia a quelle somatico-sensoriali. I risultati dello studio pubblicati sul Journal of Neuroscience.
Bambino mentre afferra una tazza

Lo si sospettava già da tempo, ma ora ci sono anche le conferme empiriche. Per impugnare una penna o per afferrare una tazzina il nostro cervello non si limita a raccogliere informazioni visive, ma integra queste ultime con le informazioni somatiche provenienti dagli arti. La notizia, pubblicata nell’ultimo numero del Journal of Neuroscience, è frutto di una ricerca svolta al Dipartimento di Fisiologia Umana e Generale dell’Università di Bologna, dove l’equipe della prof.ssa Patrizia Fattori ha dimostrato per la prima volta che nella corteccia visiva parieto-occipitale ci sono anche neuroni sensibili agli stimoli somatici.

"La corteccia cerebrale – precisa Fattori – analizza le informazioni sensoriali in distinte aree corticali. Tuttavia, per consentire una corretta interazione con il mondo che ci circonda, è essenziale che queste informazioni confluiscano nella stessa regione del cervello. La corteccia parietale posteriore è una delle regioni in cui questa elaborazione avviene: in essa le informazioni visive e le informazioni provenienti dal tatto e dalla percezione del proprio corpo nello spazio interagiscono consentendo un miglior controllo del movimento". L’importanza delle informazioni somatiche nella guida dei nostri movimenti è evidente se pensiamo ad alcune particolari situazioni di vita: per esempio, a quando di notte ci si muove al buio per evitare di svegliare chi ci dorme accanto, facendo affidamento solo sulle coordinate spaziali che gambe e braccia ci inviano.

"Lo studio – prosegue la Dott.ssa Rossella Breveglieri, prima autrice della pubblicazione – è consistito nella registrazione dell’attività delle singole cellule nervose delle scimmie, scelte per il loro comportamento omologo a quello umano nell’afferrare oggetti. Terminata questa fase pilota, impiegheremo, in collaborazione con altri gruppi di ricerca, la risonanza magnetica funzionale per evidenziare nell’uomo le aree coinvolte durante gli atti di prensione".

La ricerca, che promette di fornire indicazioni utili per la comprensione dei deficit causati da lesioni cerebrali, è l’ultimo passo compiuto dall’equipe bolognese guidata dal Prof. Claudio Galletti, l’attuale Preside della Facoltà di Farmacia che da vent’anni studia le funzionalità delle varie aree del cervello. Un lungo arco di tempo, puntellato da oltre cento pubblicazioni e, nel 1997, dal Golden Brain attribuito dalla Fondazione Minerva di Berkley al prof. Galletti per "scoperte pionieristiche nelle funzioni del cervello visivo". Un lungo periodo destinato ad allungarsi ulteriormente, già a partire dalle ricerche sulla corteccia parietale posteriore dell'uomo, perché la strada della conoscenza del cervello resta ancora lunga. "La gente – conclude Galletti – pensa che si sappia molto di più del cervello di quanto realmente si sa. Gli enormi passi avanti di oggi infatti non significano certo che conosciamo il funzionamento di quest’organo. Basta riflettere su come siano più limitate del cervello umano le funzioni cognitive che al momento riesce a svolgere un robot".