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Si studiano i resti del cantore Farinelli

Saranno riesumate il prossimo 12 luglio le ossa del cantore del Settecento. Il progetto di studio coinvolge l'Ateneo di Bologna, quello di Pisa e quello di York, oltre al Centro Studi Farinelli di Bologna.
Farinelli

Sono fedeli i ritratti tramandati di Farinelli, l’evirato cantore osannato come una vera pop star nel Settecento? A proposito della sua morte poi le cronache dicono semplicemente "morì a Bologna a 77 anni". Ma c’è qualcosa che merita di essere ancora indagato sulle cause del suo decesso e su eventi che hanno riguardato la sua vita?

Tutte curiosità che potrebbero presto essere soddisfatte da un gruppo di antropologi dell’Ateneo. Il giorno 12 Luglio, infatti, sarà riesumato il cadavere del cantore Carlo Broschi (era il vero nome dell’artista), che dal 1810 riposa in una tomba della Certosa monumentale.

"Molto dipende da cosa troveremo visto che il cadavere di Farinelli è stato traslato ben tre volte" - spiega la professoressa Maria Giovanna Belcastro Responsabile del Laboratorio di Bioarcheologia e Osteologia forense e del Museo di Antropologia. Il progetto storico scientifico coinvolge, oltre ad altri studiosi del Laboratorio (Fiorenzo Facchini, Benedetta Bonfiglioli, Chiara Consiglio, Elisa Rastelli, Valentina Mariotti) e del Museo di Antropologia (Antonio Todero) del Sistema Museale d’Ateneo della nostra Università anche l’équipe del Prof. Gino Fornaciari, paleopatologo dell’Università di Pisa, molto noto per gli studi compiuti sulla famiglia Medici, il Prof. David M. Howard dell’University of York e il Centro Studi Farinelli di Bologna.

"Non sappiamo, comunque, - prosegue Belcastro con cautela - in che condizioni sarà. E non sappiamo se i suoi resti sono mescolati a quelli della nipote, Maria Carlotta Pisani, che è stata sepolta nella stessa tomba. Ma se le condizioni lo permetteranno la lettura dello scheletro potrà soddisfare non poche curiosità". Per esempio, è cosa nota che Farinelli sia stato evirato in età prepuberale, prima perciò della comparsa dei caratteri sessuali secondari, anche quelli dello scheletro. Il suo scheletro potrebbe quindi non rivelare, come di solito invece avviene in età adulta, specifici caratteri legati al sesso. E potrebbe invece presentare altri caratteri che testimoniano l’abitudine al canto (ad esempio lo sviluppo della cassa toracica), una particolare cura del cavo orale e dei denti, ecc.. Il tentativo di ricostruzione biologica globale, effettuato utilizzando le tecnologie biomediche più moderne (microscopia, radiologie, TAC, istologia, ricostruzione fisiognomica, ecc.) mirerà ad ottenere il maggiore numero possibile di informazioni sull'ambiente, sullo stile di vita, sulle malattie che colpirono questo importante personaggio di Età moderna.

Uno studio consueto per gli antropologi quello dello scheletro, che nelle loro mani appare come una sorta di scatola nera, indagata per ricostruire la storia dell’individuo. "Sullo scheletro c’è, infatti, traccia della vita di ciascuno di noi: sesso, età, abitudini alimentari, attività fisica, malattie, ecc.". Ma anche delle cause di morte. "Il nostro lavoro non è molto diverso da quello degli osteologi e medici forensi - aggiungono gli antropologi bolognesi - solo che la scena del "delitto" che noi indaghiamo risale magari a centinaia o migliaia di anni fa".

Spesso gli studi vengono compiuti su campioni molto vasti di popolazione. E’ il caso della collezione di oltre mille scheletri identificati (per età, sesso, causa di morte, attività lavorativa, ecc.) che si trova nel Dipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale e che è materia di indagine per studiosi italiani e stranieri per mettere a punto metodi di studio e per ricostruire la storia delle popolazioni del passato. Un "vero archivio bio-culturale". Avere, comunque, di fronte un personaggio storicizzato e famoso come Farinelli, permette di fare interessanti confronti tra le informazioni che lo scheletro può dare e quanto noto dalla ricca documentazione biografica e iconografica, ad esempio.

Il Dipartimento non è certo nuovo a studi su personaggi illustri. Proprio qui il fondatore dell’istituto di Antropologia, il professor Fabio Frassetto, studiò i resti di Bartolomeo Colleoni e di Dante dando un importante contributo alla ricostruzione della fisionomia del poeta.