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Ho fame, governo ladro! Una tassa sul soprappeso per combattere l’obesità?

La tecnologia ha ridotto il tasso di mortalità legato all’obesità, ma nel contempo è sempre lei a farci ingrassare di più. L’analisi e le proposte della nuova economia dell’obesità.
Bilancia

In primo luogo, lo dicono i giornali inglesi e americani con titoli sempre più allarmistici: "80mila tumori causati dall’obesità"; "Bambini vittime di diabete adulto"; La società deve agire". E poi che l’obesità esiste è confermato anche dalle statistiche. Negli Stati Uniti la percentuale di persone obese – ovvero con un indice di massa corporea (peso/altezza) superiore a 30 – ammonta al 30% della popolazione totale. Un dato che fa registrare una drammatica crescita rispetto al 16% rilevato nello stesso paese nel 1980.

Il tema è di recente entrato anche nell’orbita degli economisti e proprio in questi giorni Bruce Traill, docente di economia agraria all’Università di Reading, è a Bologna per completare la sua ricerca dedicata alle conseguenze economiche dell’obesità. Una delle conclusioni più interessanti finora elaborate da Traill, protagonista mercoledì di una lezione alla Residenza di studi superiori, è il paradosso tecnologico che gravita attorno all’obesità. "La tecnologia – spiega il docente – ha significativamente ridotto il tasso di mortalità legato a ischemie e infarti, le principali patologie provocate dall’obesità. Significa che le persone ingrassano, ma non muoiono". Però sotto sotto, è sempre la tecnologia a farci ingrassare: "Le tecnologie – prosegue Traill – hanno cancellato i tempi di preparazione dei cibi e hanno reso i prodotti confezionati della grande distribuzione più economici dei prodotti freschi. Faccio l’esempio delle patatine fritte. Quando ero ragazzo ci volevano ore a prepararle: bisognava comprare le patate, sbucciarle, tagliarle a tocchetti e metterle in padella. Ora con una confezione surgelata e il microonde sono in tavola in pochi istanti".

A questo punto è lecito farsi una domanda: i governi dovrebbero intervenire per ridurre il problema, così come stanno facendo per il fumo? Traill è convinto di sì: "Certo – scherza – se si eccettua quando in aereo invade anche il tuo seggiolino, un obeso non provoca danni agli altri come un fumatore, però i governi hanno il dovere di mettere in cittadini nelle condizioni di scegliere una dieta sana". Come? Il passo numero uno è sicuramente l’informazione, ma finora non è riuscita a modificare le abitudini dei consumatori. E poi ci sono le tasse. Il docente inglese tra il serio e il faceto conclude citandone due: una tassa sui cibi grassi e, perché no, una tassa sul soprappeso. A quel punto bisognerebbe aggiornare il vecchio detto sulla tassa del macinato: "Piove, governo ladro". Il nuovo potrebbe essere: "Ho fame, governo ladro".