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Epatite B: non esiste ancora una cura, ma oggi la malattia si può controllare

Un convegno nazionale ha fatto il punto sulla diffusione del virus HBV e sulle novità terapeutiche per la cura dell’epatite B. Le speranze arrivano dall’utilizzo combinato di più farmaci anti-virali.
Mario Rizzetto

"Fino a dieci anni fa non avevamo alcuna cura contro le epatite B. Oggi, invece, con i nuovi farmaci anti-virali riusciamo a tenere sotto controllo la malattia e, nel 95% dei casi, dopo il trapianto di fegato, l’infezione non si ripresenta più". Mario Rizzetto, gastroenterologo dell’Ospedale Le Molinette di Torino, riassume così dieci anni di ricerca nella cura del virus HBV, l’agente colpevole dell’epatite B: in sostanza, non si è ancora giunti a una terapia risolutiva, ma la malattia è oggi controllabile.

Rizzetto, uno dei luminari del settore, era martedì al Sant’Orsola di Bologna per partecipare all’HBV-Day, il congresso che ha riunito a Bologna i maggiori medici italiani impegnati nel campo dell’epatite B. Il convegno, organizzato da Enrico Roda e Giuseppe Mazzella, ha fatto il punto sia sull’andamento nazionale e internazionale del contagio, sia sulle nuove frontiere terapeutiche.

L’infezione è tuttora molto diffusa. Le stime dicono che circa un terzo della popolazione mondiale (due miliardi di persone) ha contratto il virus HBV e che in 400 milioni di individui l’infezione è poi degenerata in epatite cronica di tipo B, una patologia che spesso conduce allo sviluppo della cirrosi epatica e dell’epatocarcinoma. In Italia la situazione è meno drammatica: i probabili portatori del virus sono "solo" 900 mila. Questo grazie anche alla vaccinazione resa obbligatoria dal 1991: la profilassi effettuata ha messo fuori pericolo tutti i giovani dagli 0 ai 24 anni.

Il pericolo di contagio resta però per tutta la restante parte della popolazione. Il virus si trasmette a seguito di rapporti sessuali non protetti con persone infette, trasfusioni di sangue o derivati contaminati, emodialisi o utilizzo di siringhe o aghi da tatuaggio infetti. Il meeting di Bologna ha dunque dedicato un’ampia pagina alle nuove frontiere terapeutiche: "In futuro – conclude Rizzetto – ci muoveremo probabilmente verso la multiterapia. Somministreremo cioè più farmaci antivirali in contemporanea, riducendo il rischio della resistenza virale, ovvero della mutazione del virus in una forma immune al farmaco".