Logo d'ateneo Unibo Magazine
Home Archivio David Grossman, Craig Murray, Laura Perna: tre vite in cattedra

David Grossman, Craig Murray, Laura Perna: tre vite in cattedra

Lo scrittore israeliano, l’ex ambasciatore inglese in Uzbekistan e la volontaria medica in Congo, finalisti del premio alta qualità Granarolo 2006 – hanno parlato in Aula Magna. Il racconto di tre protagonisti della vita contemporanea che non hanno rifiutato il peso delle proprie responsabilità. La giuria, mercoledì sera, ha proclamato vincitrice Laura Perna. 
David Grossman

David Grossman si sentiva vittima delle parole degli altri. Chiuso in modo claustrofobico negli stereotipi definiti dal linguaggio di altri: del governo, dell’esercito, dei media. Le parole altrui lo stritolavano nell’irrisolvibile conflitto isrelo-palestinese. Decise allora di prendere la penna in mano per scoprire parole sue. Fu la sua ribellione, a cui ancora oggi è fedele: "Di colpo, quando scrivo,- dice - mi accorgo di potermi opporre alla realtà che mi opprime. Di colpo, intravedo le sfumature, catturo una scintilla di libertà e sfuggo alla mia situazione di vittima. E in tutti i miei libri mi sforzo di scrivere "io", "io", perché se dico "noi" nessuno è realmente responsabile, perché con il "noi" l’uomo ha espresso il suo peggior talento, quello per la passività".

Lo scrittore israeliano David Grossman non è stato l’unico a parlare di responsabilità in prima persona, mercoledì mattina nell’Aula Magna di Santa Lucia. L’ha fatto l’ex ambasciatore inglese in Uzbekistan, Craig Murray, che ha abbandonato il corpo diplomatico inglese per protestare contro l’utilizzo della tortura da parte del suo paese. E l’ha fatto Laura Perna, il medico italiano che a sessant’anni ha rinunciato alla pensione per andare in Africa a curare i bambini congolesi. Tre grandi nomi a Bologna in quanto finalisti del premio alta qualità Granarolo. Tre nomi che equivalgono a tre vincitori, "perché – spiega Franco Di Mare - il vincitore che conosceremo questa sera (mercoledì) sarà un primo inter pares".

"Siamo qui per condividere la storia di tre vite che in circostanze diverse si sono confrontate con la questione della dignità umana" ha spiegato il Prorettore Roberto Grandi di fronte a un’Aula Magna piena, da cui hanno preso la parola anche i sindaci di Bologna, Betlemme, Belo Horizonte, Bantur e Tusla. Un’aula a cui per primo si è rivolto Grossman: "La nostra è una vita piena di dolore", ha detto commentando il suo essere israeliano. "Sono nato 51 anni fa in un luogo che era già in guerra da un secolo e i miei figli sono andati in guerra. Vedo così tante cose che avrei voglia di cambiare: sono intollerabili e le vorrei rendere semplicemente un po’ migliori. Vorrei rendere il nostro mondo migliore per i nostri figli, senza perdere mai la speranza di poterlo cambiare, senza avere paura".

A costo di pagare le proprie scelte con l’espulsione immediata dal corpo diplomatico britannico, come è capitato a Craig Murray. Murray era in Uzbekistan solo da due settimane quando decise di conoscere un po’ meglio la situazione politica del paese asiatico alleato degli Stati Uniti. Volle assistere a un processo contro alcuni dissidenti. Gli imputati erano distrutti, ma uno di loro, probabilmente firmando la sua condanna a morte, dichiarò che sul verbale che lo legava ad Al Qaeda c’era la sua firma solo perché avevano "bollito" suo figlio fino a farlo cedere. Murray informò il suo governo. Londra replicò che l’utilizzo della tortura era legale. "Ma queste informazioni sono false – protestò allora Murray – perché continuarle a estorcerle?". "Perché sono operativamente utili", fu la risposta. "Vorrei sottolineare questo", ha detto Murray a Bologna: "Le informazioni dell’intelligence non valgono in quanto vere ma in quanto operativamente utili. Valutate questo concetto rispetto alla presenza di armi di distruzione di massa. I governi sono disposti a mentire a tutti voi se serve a creare un clima di islamofobia utile per la politica petrolifera americana".

Murray si è assunto personalmente la responsabilità delle proprie azioni abbandonando la carriera diplomatica dopo vent’anni. Laura Perna, invece, si è assunta la sua responsabilità verso l’Africa iniziando una nuova vita quando gli altri si adagiano nella pensione. Aveva 60 anni quando vent’anni fa si recò in Congo ad abbracciare il primo bambino. E ancora oggi continua a farlo: "Appena vedono qualcuno – racconta – i bambini vi si stringono. E’ il loro naturale bisogno d’affetto. Noi speriamo semplicemente che questo atteggiamento permanga anche negli adulti".

David Grossman, Craig Murray, Laura Perna. Tre lezioni di valore inserite tra le iniziative scelte per celebrare il decennale della Facoltà di Lingue dell’Università di Bologna.