Autore: Beatrice Battaglia
Editore: Longo Editore Ravenna
Prezzo: 15 euro
Jonatahn Swift e Samuel Butler; E.M. Forster e Margaret Oliphant; William Morris e Gorge Orwell: sono autori diversi, vissuti in epoche disparate, in Inghilterre e Mondi profondamente differenti per contesti culturali, sociali e politici. Li tiene insieme il filo rosso di una tradizione – meglio – di un’idea di scrittura e arte spesso troppo criticata e mal giudicata, che conosciamo come letteratura distopica.
"La critica alla cultura occidentale nella letteratura distopica inglese" (Longo Editore Ravenna) è il titolo dell’ultimo volume di Beatrice Battaglia, docente di Letteratura inglese all’Università di Bologna, da tempo impegnata nello studio delle questioni legate all’utopia in ambito letterario. Una raccolta di saggi e di interventi uniti allo scopo di fornire una riflessione approfondita non solo sui temi e le caratteristiche comuni del genere distopico, ma anche e soprattutto sulla sua funzione critica nei confronti delle distorsioni delle società occidentali e dei paradigmi dominanti in campo artistico e culturale, come l’illuminismo e il romanticismo.
Non è un caso, allora, che l’autrice sostenga, nell’introduzione che "la distopia è una letteratura critica e subversive perché si ricollega al mito vivo attraverso la memoria come misura e testimonianza dei soprusi che la nostra civiltà, la civiltà della luce, della ragione e della conoscenza commette da sempre contro l’uomo, la sua natura, il senso della fratellanza". Una voce minoritaria, scomoda perché puntata contro i vanti maggiori della società occidentale, della sua filosofia e della sua struttura sociale, dentro ai quali spesso si annidano rischi enormi, scenari inquietanti, come racconta senza mezzi termini Ninenteen Eighty Four di George Orwell.
Parodia del capitalismo, allegoria dell’individualismo borghese, la forza del passato e il bisogno della memoria, la logica culturale della tecnologia e della Macchina: tanti temi quanti sono i capitoli del volume, il cui valore assume maggiore forza in un momento in cui le spinte della globalizzazione sembrano rafforzare le pretese di universalità dell’Occidente, e ancora più necessaria si fa la presenza di una coscienza critica e della voce dell’anticanone.