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Le staminali embrionali meglio delle staminali adulte? Solo business…

Le cellule staminali adulte sono già utilizzate in alcune terapie cellulari e la ricerca di base potrebbe renderle utili anche per la rigenerazione di tessuti difficili come quelli cuore e cervello. Perché allora si parla sempre di quelle embrionali? Dietro c’è una politica di brevetti.
Il laboratorio per la ricerca sulle cellule staminali dell'Unità cardiologica del Sant'Orsola

Le cellule staminali tornano a far parlare di loro. Accade grazie ai reali di Spagna, Letizia e Felipe, che – scrive il Pais – avrebbero congelato il cordone ombelicale della figlia Leonor per "regalarle" un serbatoio di cellule staminali a cui attingere in caso di infermità future. Le cellule di Leonor sarebbero al momento a 160° sotto zero, in compagnia di molte altre, dato che – scrive sempre il quotidiano spagnolo – la pratica è ormai in uso tra molte famiglie.

Fiction?
"No", risponde Carlo Ventura, biologo molecolare dell’Università di Bologna, attualmente a capo di un laboratorio del Sant’Orsola dedicato proprio allo studio delle cellule staminali. "Nel cordone ombelicale – dice – ci sono due fonti di cellule staminali: le emopoietiche, che danno origine agli elementi cellulari del sangue, e le cellule mesenchimali della porzione gelatinosa di Wharton, che sono più primitive e plastiche e possono dare quindi luogo a diversi tipi di differenziamento".
"In alcuni campi della medicina – afferma ancora il docente, in Italia dopo una lunga parentesi negli Stati Uniti - l’utilizzo di queste cellule staminali, anche se non è routine, è già nella pratica clinica. E’ il caso, per esempio, della ricostruzione della cornea, delle ossa, delle cartilagini, delle articolazioni o della terapia di ulcere e ustioni".

Dov’è allora che l’utilizzo terapeutico delle staminali resta solo un’ipotesi?
"Cuore, cervello, pancreas sono organi difficili, dove la situazione è ancora allo stadio analitico. Il problema non è nella cellula staminale adulta che non riesce a differenziarsi in questi tessuti. Il problema è che le cellule di questi organi diventano quiescenti subito dopo la nascita. Non hanno un turn-over spontaneo. Basti pensare che la cardiogenesi non rappresenta che lo 0,5-1% dell’embriogenesi".

Qual è il modo per aggirare questa scarsa propensione al differenziamento di organi come cuore e cervello?
"Bisogna in primo luogo conoscere come funziona la genesi del tessuto. Noi per esempio ci occupiamo della cardiogenesi da staminali adulte. Speriamo in pochi anni di tradurre in pratica le sperimentazioni che sono attualmente in fase pre-clinica (esperimenti su animali di grossa taglia). Dobbiamo capire se ciò che abbiamo evidenziato nel topo avviene anche nell’uomo. Abbiamo cioè identificato delle molecole, definite a logica differenziativa, che trasformano una differenziazione a bassa resa in una differenziazione ad alta resa. Abbiamo identificato alcuni geni registi del fenomeno e, per quanto riguarda la cardiogenesi, da una resa dello 0,5% siamo arrivati a una resa del 50%. Questo è interessante sia per la ricostruzione delle unità contrattili del cuore, sia per la ricostruzione dei vasi coronarici e quindi anche per la vasculogenesi di altri distretti non cardiaci".

La legislazione e le scelte politiche supportano la ricerca in questo settore?
"La normativa europea in materia parla già di trapianti di organi, tessuti e cellule. Ma per coltivare questo nuovo filone della medicina, occorrono investimenti per creare banche di staminali dove isolare e differenziare le cellule. Centri di questo tipo possono essere ospitati solo in strutture GMP (Good Medical Practice) e in Italia ce ne saranno solo due o tre. Nel nostro paese, infatti, si parla molto di cellule staminali, ma manca il coraggio di fare scelte programmatiche e concentrare gli investimenti su alcune aree".

Lei finora ha parlato di medicina ed economia, ma, in materia di staminali, è forte anche il peso delle scelte etiche. Staminali adulte o staminali embrionali, dunque?
"L’etica risiede nella coscienza di ciascuno di noi. Personalmente, credo assieme a molti altri che l’embrione sia una persona, perché contiene dei geni registi già in grado di definire un uomo dalla testa ai piedi. Ma ciò che mi preme sottolineare è l’inesattezza tecnica secondo cui le staminali embrionali sarebbero migliori delle staminali adulte. Credo che qui ci siano alcuni aspetti di business che la gente dovrebbe conoscere".

A quali aspetti del mercato farmaceutico fa riferimento?
"Non si può brevettare ciò che ha fatto la natura. Non posso, per esempio, brevettare un gene, ma solo una sequenza che ho isolato come marcatore di qualcosa. E, allo stesso modo, non posso brevettare una cellula, ma solo un sistema di cultura che ne forza il differenziamento.
Ora le cellule embrionali non funzionano come le adulte. Quando sono state trapiantate hanno sempre originato formazioni tumorali. Evidentemente al di fuori dell’utero manca loro qualcosa. Se fosse scoperto, potrebbe essere brevettato. Le staminali embrionali sono dunque l’unico strumento per una terapia cellulare di mercato".