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Pane e pasta, bocciati dal portafoglio, promossi dalla scienza

Una nuova ricerca dell’Università di Bologna conferma le proprietà benefiche del selenio, di cui i due alimenti costituiscono la fonte principale, anche nelle dosi più piccole mai studiate. Lo riferisce il British journal of nutrition. Lo studio viene illustrato in un convegno il 23 novembre.
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Sempre più cari e sospettati di essere al centro di accordi anticoncorrenza tra i produttori, pane e pasta non smettono di vedere confermate le loro proprietà benefiche. Nella nostra dieta, specie se integrali, sono infatti la principale fonte di selenio, minerale super-antiossidante che può aiutare a contrastare invecchiamento, malattie cardio-vascolari e tumori, e che un nuovo studio dell’Università di Bologna conferma essere efficace anche in una delle più piccole concentrazioni mai studiate, paragonabile a quella raccomandata in una dieta equilibrata. La ricerca, recentemente pubblicata dalla rivista scientifica British journal of nutrition, sarà illustrata nel corso di un convegno accademico "Antiossidanti, tra informazione e disinformazione", il 23 novembre a Bertinoro (Forlì-Cesena).

La sperimentazione è stata condotta su una popolazione di ratti divisi in tre gruppi. Il primo ha seguìto una dieta preparata con alimenti contenenti selenio ad una concentrazione di 0,1 milligrammi per chilo (le ricerche precedenti arrivavano anche a 2 o più milligrammi). Al secondo gruppo, stessa concentrazione, ma addizionata in forma pura, simulando un integratore alimentare. Menù leggermente più povero di selenio, infine, per il terzo gruppo. Il tutto è durato due mesi, che sui due anni di vita media dei topi da laboratorio non sono poi così brevi. Il beneficio sui roditori "selenizzati" è stato sensibile. Si è infatti osservata una crescita della capacità antiossidante complessiva del +30% rispetto al gruppo a dieta lievemente carente. Stesso miglioramento per l’attività di una delle principali sostanze antiossidanti prodotte dall’organismo, la glutatione perossidasi, legata al selenio.

Contemporaneamente si è riscontrata una riduzione del danno ossidativo. E’ interessante notare, inoltre, che i risultati migliori sono stati osservati nei ratti del primo gruppo, che avevano mangiato selenio derivato da un alimento, rispetto a quelli che l’hanno ricevuto come integratore aggiunto. Per trasparenza va detto che tra i finanziatori dello studio compaiono proprio i produttori di un alimento arricchito al selenio.

"La novità della nostra ricerca riguarda proprio la bassa concentrazione di selenio utilizzato – spiega Alessandra Bordoni, ricercatrice Unibo -. Spesso infatti vengono proposti risultati relativi a sperimentazioni su quantità difficilmente adattabili ad una dieta normale. Solo per citare un esempio, quando si parla delle proprietà antiossidanti delle catechine del tè verde, si dimentica che per raggiungere i quantitativi studiati, occorrerebbe berne almeno cinque o sei tazze al giorno".

Proprio al tema di una valutazione complessiva degli alimenti e di una corretta informazione sarà dedicato l’incontro del 23 novembre, organizzato dal Centro "Lerici" per la qualità e la sicurezza alimentare. Gli studiosi mettono in guardia da facili entusiasmi e da conclusioni affrettate. Talvolta, ad esempio, ci si limita a considerare la concentrazione di una sostanza salutare in un alimento, ma non si valuta la sua capacità di essere assimilata o di attivarsi nell’organismo, spiegano i nutrizionisti e i tecnologi alimentari dell’ateneo.

Non sempre, però, gli studiosi sono concordi. Al convegno, cui parteciperanno ricercatori di diversi atenei italiani, si attendono scintille, ad esempio, tra i fautori di frutta e verdura crude, più ricche di antiossidanti, e quelli di pietanze cotte, dove sono meno concentrati ma talvolta più facilmente utilizzabili dall’organismo.