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Mense e povertà: un'indagine racconta le vecchie e le nuove marginalità

Promossa da Antoniano Onlus e coordinata dal prof. Maurizio Bergamaschi, la ricerca ha coinvolto i frequentatore di tre mense bolognesi, quelle dell'Antoniano, della Caritas e del Centro Diurno di via del Porto. Dai risultati emerge un mondo nascosto ed eterogeneo, modi diversi di vivere la povertà

Sono conosciute ancora oggi come "mense dei poveri", ma quelli che vi trovano più o meno quotidianamente rifugio per condividere un pasto caldo compongono una popolazione eterogenea, tanto nella condizione sociale che nelle singole storie di vita. Da sempre, le mense sono una sorta di specchio, un punto di convergenza in cui ritrovare via via i cambiamenti che si succedono in un universo spesso invisibile come quello della povertà estrema. Una ricerca promossa da Antoniano Onlus e coordinata da Maurizio Bergamaschi, docente al Dipartimento di Sociologia dell'Alma Mater, lancia ora uno sguardo in questi luoghi per capire chi sono quelle centinaia di persone che ogni giorno affollano le sale dei refettori cittadini.

I risultati dell'analisi restituiscono volti differenti della povertà, persone diverse, modi diversi di vivere la propria condizione. "Dai dati - spiega il prof. Bergamaschi - emerge la persistenza di una situazione di povertà storicamente radicata in città, ma anche nuove forme di privazione che sono ancora inedite e restano sconosciute al nostro welfare".

Tre le mense oggetto dello studio, quelle dell'Antoniano, della Caritas e del Centro Diurno di via del Porto, per un totale di 24780 pasti erogati nei sei mesi di osservazione dell'indagine (secondo semestre 2007 per Antoniano e Centro Diurno, primo semestre 2008 per la mensa della Caritas). E 931 sono le persone che hanno varcato la soglia di almeno una delle tre strutture nel periodo considerato.

Per la maggioranza sono uomini tra i 25 e i 55 anni: la presenza femminile, pur in crescita, si attesta attorno al 15%. Tanti gli stranieri, il 73% all'Antoniano, il 54% alla Caritas, solo il 15% al Centro Diurno di via del Porto dove è richiesto il permesso di soggiorno. Tantissimi i disoccupati, tra il 95% e il 68%, o almeno quelli che si dichiarano tali. "La condizione di disoccupazione - dice Bergamaschi - nasconde probabilmente situazioni di lavoro non regolari o discontinue". Lo dimostrerebbe l'accesso per molti non quotidiano alle mense. "Presenze fortemente discontinue possono indicare una condizione diffusa di sottoccupazione flessibile che resta in gran parte non visibile".

Il quadro che emerge dai dati raccolti nelle singole mense racconta tre situazioni differenti, tre modi diversi di vivere la povertà: il Centro Diurno di via del Porto accoglie soprattutto persone che proprio grazie ai servizi assitenziali hanno trovato una propria precaria stabilità, all'Antoniano si registra invece una situazione opposta con flussi estremamente irregolari, persone che vedono la mensa come un'opportunità da sfruttare nel momento del bisogno. Più o meno nel mezzo si colloca la mensa della Caritas che intercetta sia persone in condizione di grave marginalità sia individui che riescono a trovare con le loro risorse un certo equilibrio nella propria quotidianità.

Le "mense dei poveri" come specchio della povertà estrema, quindi. Ma senza dimenticare che il loro ruolo di osservatorio privilegiato del disagio restituisce una realtà fin troppo nascosta, una realtà che è pienamente parte del mondo che tutti viviamo.