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Una ricerca Unibo fa ripartire la corsa alla pillola anti-obesità

In Italia il problema affligge circa il 10 per cento degli adulti (oltre 4 milioni di persone) mentre il 34 per cento è in sovrappeso. Uno studio, coordinato dall'Alma Mater, pone le basi per nuovi farmaci privi di effetti collaterali come depressione e ansia
ricercatore

Pillola anti-obesità di nuovo in pista, ma stavolta senza dare alla testa. Dopo la delusione del Rimonabant, che prometteva una riduzione del peso in eccesso (del 10% in media) ma col rischio di incorrere in ansia e depressione (per questo ritirato dal mercato nel 2008), una nuova ricerca internazionale a guida italiana riapre i giochi e riaccende le speranze. Nuovi farmaci anti-grasso, si è infatti scoperto, potrebbero risultare pienamente efficaci anche senza agire sul cervello, ma solo sul resto del corpo. O almeno così accade nei topi, secondo Uberto Pagotto, endocrinologo dell’Università di Bologna, e coordinatore di una ricerca pubblicata sull’ultimo numero della rivista scientifica Cell metabolism.

"Il risultato segna un punto di svolta – spiega Pagotto -. Senza azione sul cervello, si elimina infatti il problema degli effetti collaterali sulla psiche. Si tratta quindi di usare farmaci che non vi penetrino, come quelli recentemente sviluppati e già testati con successo sugli animali. Se si dimostrano validi anche sull’uomo il gioco è fatto. Dopo il ritiro, un mese fa, anche dell’altro importante principio attivo in campo contro l’obesità, la sibutramina, la novità risulta ancora più interessante".


Pagotto e colleghi - un network europeo di scienziati (undici i bolognesi e una ventina, in tutto, gli italiani alcuni dei quali stabilmente all’estero) - hanno simulato l’azione anti-grasso di farmaci simili al Rimonabant su una popolazione di circa 180 topi. Li hanno divisi in quattro gruppi: uno ha continuato a seguire una dieta magra, come gruppo di controllo, gli altri tre una dieta super-calorica. Di questi, il gruppo che non ha virtualmente assunto alcun farmaco ha aumentato del 30 per cento il grasso corporeo, mentre gli altri due, sia quello che simulava l’assunzione di farmaci ad azione anche cerebrale, che quello che simulava l’assunzione esclusivamente periferica, hanno mantenuto il peso iniziale, senza scostarsi da quelli a dieta magra, nonché livelli più contenuti di colesterolo (-27%), glicemia (-28%) e trigliceridi (-50%). Da qui la dimostrazione che l’efficacia delle molecole anti-grasso non è solo legata all’azione encefalica, ma può manifestarsi anche a livello periferico, interagendo con le terminazioni nervose del tessuto adiposo, del fegato e dei muscoli.

Si parla di simulazione perché gli scienziati, a dire il vero, non hanno fatto ricorso a farmaci, ma a topini geneticamente modificati, appositamente generati nei laboratori di Bordeaux da Giovanni Marsicano e di Magonza da Beat Lutz, e studiati presso il Centro di ricerca biomedica applicata del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, presso la cui Unità operativa di endocrinologia sono attivi Pagotto e altri studiosi. "Alcuni di noi – ricorda il ricercatore - si sono conosciuti anni fa lavorando al Max Planck Institute di Monaco di Baviera, e ancora adesso collaboriamo a distanza grazie a finanziamenti dell’Unione europea".

Le molecole per perdere peso come il Rimonabant, agiscono su dei recettori del sistema nervoso, disattivandoli. L’intuizione alla base dello studio è stata quella di utilizzare topini concepiti in partenza per non possedere tali recettori. E’ così che si è visto che i roditori che non li avevano in testa, rimanevano magri quanto quelli che ne erano privi sia in testa sia nel resto del corpo, mentre quelli che li avevano ovunque ingrassavano vistosamente.


I ricercatori in realtà hanno fatto molto di più. Sono riusciti non solo a localizzare le zone del corpo in cui agirebbero i medicinali, ma anche a spiegarne il meccanismo di azione. L’efficacia di Rimonabant e molecole cugine non sembra tanto dovuta al contenimento dell’impulso a mangiare, come fino a qualche tempo fa si credeva, quanto ad un maggior dispendio energetico a livello degli organi periferici. L’azione è sul metabolismo energetico, e sul consumo di calorie. In particolare, hanno osservato gli scienziati, i topini che rimanevano magri nonostante la dieta iper-calorica, tendevano ad accumulare meno grasso bianco (quello più persistente) e a bruciare più grasso bruno (che offre energia immediata). Questo secondo tipo di grasso è più abbondante negli animali, ma recenti studi ne hanno evidenziato l’importanza anche negli uomini. La rilevazione è stata possibile grazie all’impiego di avanzate e costose apparecchiature presso il policlinico di Bologna tra cui una micro-Tac e una micro-Pet per piccoli animali che hanno consentito di misurare il grasso e di rilevare la sua trasformazione in energia.


Il recettore assente nei topolini della sperimentazione e disattivato dai farmaci anti-grasso è chiamato cb1, e fu lo stesso Pagotto nei primi anni 2000 a dimostrare la sua presenza non solo nel cervello ma anche in alcuni organi specifici. Cb si riferisce agli endocannabinoidi, le sostanze cui è sensibile. Queste sostanze, prodotte naturalmente dal nostro organismo, sono così chiamate perché sortiscono un effetto simile a quello del principio attivo della canapa indiana: rilassamento, benessere, propensione alla voluttà e acuto stimolo a mangiare.

Nonostante le loro proprietà benefiche - un altro recentissimo studio dell’Università di Bologna su The Journal of Biological Chemistry, ad esempio, mette in luce il loro ruolo nello sviluppo cerebrale - rappresentano i maggiori indiziati per lo sviluppo di grasso in eccesso, soprattutto quello distribuito tra i visceri dell’addome: il grasso che fa male. E non è un caso che i soggetti obesi a rischio di infarto e ictus, quelli con tanto grasso nella pancia, presentino più alti livelli di endocannabinoidi nel sangue rispetto a persone magre e ad obesi con grasso solo su cosce e glutei. Per questo, bloccare gli endocannabinoidi sembra sia d’efficacia non solo sull’obesità ma anche sulle tue temibili complicanze cardiovascolari.

Dimostrato che la partita non si gioca nel cervello, ma a livello delle innervazioni periferiche, che regolano muscoli, fegato, grasso e pancreas, le speranze sono ora risposte, secondo gli endocrinologi di Bologna, nei farmaci anti-grasso che, a differenza del Rimonabant, non entrano nel cervello, protetto da una speciale e compatta membrana, impermeabile a molte molecole, che ne riveste internamente i vasi sanguigni (barriera emato-encefalica). Sarà su di essi che si concentreranno ora le attenzione dei ricercatori.


Ultima curiosità: la giovane l’età media del team internazionale responsabile dello studio. Insieme al coordinatore Uberto Pagotto, cinque giovanissimi biotecnologi italiani. Il primo firmatario, Carmelo Quarta, classe ’82, che ha materialmente prodotto tra l’altro l’importante risultato tecnologico con Pet e Tac sui topi, sarà per questo premiato a fine aprile a Praga, nell’ambito del 12° Congresso europeo di endocrinologia.

Ecco la lista completa dei nomi: Carmelo Quarta, Luigi Bellocchio, Giacomo Mancini, Roberta Mazza, Cristina Cervino, Luzie J Braulke, Csaba Fekete, Rocco Latorre, Cristina Nanni, Marco Bucci, Laura E. Clemens, Gerhard Heldmaier, Masahiko Watanabe, Thierry Leste-Lassere, Marlène Maitre, Laura Tedesco, Flaminia Fanelli, Stefan Reuss, Susanne Klaus, Raj Kamal Srivastava, Krisztina Monory, Alessandra Valerio, Annamaria Grandis, Roberto De Giorgio, Renato Pasquali, Enzo Nisoli, Daniela Cota, Beat Lutz, Giovanni Marsicano e Uberto Pagotto.