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Addio ad Hamida, uccisa a Kabul

Il 28 gennaio scorso un attacco terroristico suicida a Kabul ha ucciso una ventina di persone. Tra le vittime Hamida Barmaki, commissario per i diritti dell’infanzia che aveva trascorso un anno all’Alma Mater

All’esterno del supermercato Finest di Kabul, in Afghanistan, venerdì scorso una bomba ha provocato l’ennesima strage, rivendicata dai Talebani, come riportano i media internazionali. Hamida Barmaki ha perso la vita assieme a tutta la famiglia: il marito Massoud Yama e quattro figli tra i 14 e i 2 anni. Insegnava diritto civile all’Università di Kabul e nel 2005 aveva passato un intero anno all’Alma Mater, assieme ad altri quattro studenti afgani.


"Ricordo bene quando il professor Massimo Papa mi propose - ci racconta Roberto Grandi, allora prorettore alle Relazioni internazionali -  di ospitare cinque studenti afghani, di cui una donna con le sue  figlie. La decisione di accogliere questa richiesta era conseguenza dello spirito di responsabilità sociale che gli atenei dovrebbero avere nel tentare di aiutare a formare la classe intellettuale e dirigente dei paesi in difficoltà". "Non è stata una impresa facile – prosegue - trovare i finanziamenti per gli alloggi, per le spese quotidiane e sistemazioni adeguate, ma siamo riusciti perché c'è stata una grande e sincera partecipazione da parte di tanti".


Hamida era venuta a Bologna dopo essersi laureata a Kabul in Law and Political Science. Aveva deciso di frequentare il Master bolognese in Development Innovation and Change (MiDIC), dove si era tra l’altro distinta per un elaborato dal titolo "Women and Reconstruction in Afghanistan: Afghan Women’s Integration in Labor Market and Development of ICTs". Al ritorno in Afghanistan aveva insegnato come professore associato di diritto civile e si era particolarmente adoperata nella promozione dei diritti dell’infanzia collaborando, con l’Unicef e ricoprendo l’incarico di commissario per i diritti dell’infanzia della Afghan Independent Human Rights Commission. Aveva inoltre dimostrato il proprio impegno anche nella difesa dei diritti delle donne nei paesi islamici, essendo autrice di libretti informativi su questo tema e membro del consiglio delle donne del suo ateneo.


"Hamida aveva trovato presso il nostro Ateneo amicizia e solidarietà, oltre che occasioni di studio e ricerca"- ricorda Gilberto Antonelli, Presidente del MiDIC."La presenza a Bologna di Hamida e degli altri studenti afgani aveva portato nell’ambito del Master alla mobilitazione di tante giovani energie desiderose di aiutare i loro studi ed i loro progressi. Successivamente al loro ritorno a Kabul, il professor Papa ed io seguimmo la complessa vicenda del riconoscimento del titolo di studio acquisito a Bologna, che, con l’aiuto dell’Ambasciata italiana, si concluse positivamente. Tante energie investite per nulla? No, malgrado il senso di impotenza che questa vicenda ci comunica, essa segnala anche che la nostra università riesce ad essere vicina ai giovani e alle donne che cercano di cambiare ed innovare il mondo. Questo è testimoniato anche dal fatto che gli altri quattro colleghi afgani sono uniti a noi nel ricordarla".