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Il caso del sarcofago con tre corpi

Il microscavo realizzato al Museo Civico Medievale sul massiccio manufatto in pietra d'Arusina scoperto lo scorso febbraio alla periferia nord di Bologna ha sollevato molte domande ancora in attesa di risposta. Per fare luce su questo giallo archeologico è al lavoro una squadra di esperti tra Soprintendenza e Alma Mater
Il caso del sarcofago con tre corpi

Chi era Marcus Beleius? E chi sono gli altri due corpi - un bambino e una donna - rinvenuti nel suo sarcofago funebre? Ha tutto l'aspetto di un giallo il caso che gli archeologi si sono trovati davanti una volta aperto il massiccio manufatto in pietra d'Arusina (2,5 metri di lunghezza, 1,10 di larghezza e 1 metro di altezza) scoperto lo scorso febbraio alla periferia nord di Bologna. Il sarcofago, parte di un piccolo sepolcreto che potrebbe indicare la presenza di un'antico complesso abitativo nelle vicinanze, è databile tra la fine del I secolo a.C. e l'inizio del I secolo d.C. E' stato rinvenuto integro e ancora sigillato, con il coperchio nella sua posizione originaria. A fine marzo è stato trasportato al Museo Civico Archeologico di Bologna, dove il mese scorso è stato realizzato un microscavo al suo interno.

"L'iscrizione incisa sul lato del sarcofago reca il nome del solo Marcus Beleius - spiega Renata Curina, archeologa della Soprintendenza per i beni archeologici dell'Emilia-Romagna - ma in realtà ci siamo trovati in presenza di altri due inumati". Uno dei corpi corrisponde ad un maschio adulto e dovrebbe essere quello del "titolare", Marcus Beleius. Poi, poco dopo questa prima inumazione, il sarcofago deve essere stato riaperto, il corpo di Beleius spostato, e aggiunto quello di un secondo individuo, questa volta - a giudicare dai resti ossei rinvenuti - un bambino.

"L'ultima inumazione - continua l'archeologa - à quella di un individuo di sesso femminile. Il momento della sua deposizione non sembra tuttavia coevo agli altri: l'unico oggetto di corredo, una fiala in vetro, sembra far risalire il momento del seppellimento a un periodo compreso tra il III e il IV secolo d.C." Almeno due secoli più tardi, quindi, rispetto alle prime due inumazioni.

Sull'identità dei tre corpi, il loro status ed eventuali legami di parentela ancora non sappiamo molto. Gli studi sono ancora agli inizi, e per mettere insieme tutti i pezzi del giallo si è mobilitata una squadra numerosa ed eterogenea di esperti. Assieme agli archeologi della Soprintendenza (la già citata Renata Curina e il paleoarcheologo Marco Marchesini) si sono affiancati Maria Giovanna Belcastro, antropologa al Dipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale dell'Alma Mater, Gilmo Vianello del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali e Stefano Cremonini del Dipartimento di Scienze della Terra e Geologico-Ambientali.

"Uno scavo di questo genere - commenta Giovanna Belcastro - permette di realizzare un'ampia collaborazione interdisciplinare. E questo non vuol dire che ognuno fa in proprio la sua parte di lavoro, ma vuol dire avere più esperti in contemporanea a lavorare sullo scavo: archeologi, geologi, antropologi". Una squadra che nei prossimi mesi lavorerà in direzioni diverse - dallo studio delle ossa e degli oggetti rinvenuti all'analisi dei sedimenti di terreno e di eventuali resti vegetali filtrati all'interno del sarcofago - verso un obiettivo unico: cercare di fare luce sulle tante domande che questo giallo archeologico lascia ancora senza risposta.