Può una macchina progettata almeno 2200 anni fa, attribuita ad Archimede, descritta da Vitruvio, e citata da Galileo, rivedere la luce nelle aule dell'Alma Mater? E' accaduto grazie a otto studenti della Scuola di Ingegneria e Architettura. La coclea, un tipo di pompa idraulica, è stata costruita nell'ambito del Laboratorio di Storia dell'Ingegneria Meccanica del professor Pier Gabriele Molari, e presentata poche settimane fa al Museo della civiltà contadina di Bentivoglio.
Gli studenti del laboratorio hanno disegnato e costruito in prima persona la coclea di Archimede. Per la progettazione è stato usato un disegno attribuito a Francesco di Giorgio Martini - ingegnere senese, fra gli artisti più eclettici e creativi della seconda metà del XV secolo - contenuto in un codice della Biblioteca Marciana di Venezia e raffigurato su una delle formelle del Palazzo Ducale di Urbino. Il disegno riproduce la descrizione della coclea di Vitruvio, contenuta nel libro X del trattato "De Architettura", risalente al 27-23 a.C. "Per ricreare la macchina abbiamo stabilito le varie soluzioni costruttive di comune accordo", racconta Pier Gabriele Molari. "Si è deciso, per esempio, di realizzare un tubo esterno trasparente che mostrasse l'elica interna e l'acqua sollevata, e si è scelto di utilizzare anche pezzi di recupero".
La macchina, detta anche vite di Archimede, è un congegno usato per sollevare un liquido, o un materiale sabbioso, ghiaioso, o frantumato. Il dispositivo è costituito da una grossa vite posta all'interno di un tubo. La parte inferiore del tubo è immersa nell'acqua (o in ciò che deve sollevare). Il liquido viene innalzato dalla vite in rotazione fino ad uscire dalla parte superiore, da dove è scaricato in un bacino di accumulo. Il congegno - "interessante perché consuma poca energia", spiega il professore - è tuttora utilizzato, principalmente per sollevare acqua per l'irrigazione o per depositare il grano nei silos.
La coclea è attribuita ad Archimede sulla base delle testimonianze di Diodoro Siculo e di Ateneo di Naucrati. Recenti studi indicano, però, che la macchina potrebbe essere di molto anteriore al matematico siracusano, in quanto utilizzata per irrigare i giardini pensili di Babilonia. Archimede, ad Alessandria d'Egitto per studi, avrebbe così importato nella nostra penisola lo strumento già conosciuto in area medio-orientale. Anche Galileo Galilei conosceva l'opera, della quale nelle "Mecaniche" diceva "non solo è maravigliosa, ma è miracolosa; poiché troveremo, che l'acqua ascende nella vite discendendo continuamente".
Il lavoro di squadra che ha reso possibile la realizzazione della macchina è dovuto a un approccio alla didattica improntato al fare. "Se non si coinvolgono i ragazzi non si ottiene molto", racconta Molari a proposito dei suoi metodi di insegnamento. "L'ingegneria è l'insieme dell'ingegno e dell'azione, del pensare e del fare, non può essere non realizzativa, se no non è più ingegneria". E ancora: "La macchina è un prolungamento di chi l'ha disegnata, quindi il fatto di farla in maniera armonica è molto importante. Su cose semplici i ragazzi vedono l'essenza della progettazione, se gli studenti riescono a pensare a queste macchine, anche nella progettazione moderna possono trovare l'armonia". Durante i laboratori degli scorsi anni, il professor Molari e i suoi studenti avevano realizzato i disegni della balista di Vitruvio e della balista imperiale Romana, raffigurata sulla colonna Traiana e al momento in costruzione.
Pier Gabriele Molari e il suo team stanno apportando alcune migliorie alla coclea: martedì 11 mercoledì 12 giugno la macchina sarà esposta nell'atrio della Scuola di Ingegneria e Architettura (viale Risorgimento, 2 - Bologna). Nel frattempo, inoltre, il professore si sta occupando della traduzione del trattato latino "De cochlea" di Guidobaldo Del Monte, edito postumo nel 1615.