Claudia Zanna, post-doc del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie (FABIT) dell'Università di Bologna, è risultata vincitrice del progetto triennale FIRB - Futuro in Ricerca 2013, intitolato "Dal lievito all'uomo: ruolo delle isoforme e delle mutazioni patogene di OPA1 nelle neurodegenerazioni caratterizzate da instabilità del genoma mitocondriale". La dottoressa Zanna coordinerà il progetto nazionale, finanziato con 451.762 euro, che comprende anche le unità di ricerca di Rita Vitale (Università di Bari) e di Enrico Baruffini, Università di Parma.
Claudia Zanna fa parte del gruppo di ricerca di Biochimica Cellulare guidato dalla docente Unibo Michela Rugolo, di cui fanno parte anche le ricercatrici Anna Ghelli e Annamaria Porcelli, la post-doc Luisa Iommarini (post-doc) e le dottorande Valentina Del Dotto e Valentina Tropeano. Claudia Zanna svolge la sua attività di ricerca anche presso il laboratorio di Neurogenetica del docente Unibo Valerio Carelli, presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie (DIBINEM), insieme a Leonardo Caporali (assegnista) e a Alessandra Maresca (post-doc).
Il gruppo di ricerca si occupa da anni dei meccanismi biochimici e molecolari che sono alla base delle neurodegenerazioni a patogenesi mitocondriale, come la neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON) e l'atrofia ottica dominante (DOA). Nell’ambito del progetto FIRB, l’unità della dott.ssa Zanna analizzerà l'effetto di diverse mutazioni del gene OPA1, associate all’atrofia ottica dominante, e identificherà le funzioni delle varianti proteiche codificate dal gene, utilizzando un modello cellulare in vitro (fibroblasti embrionali di topo privi di OPA1 ed esprimenti le sue otto isoforme) e trasferendo poi le informazioni sui fibroblasti e sui tessuti dei pazienti.
Le altre unità contribuiranno al progetto con specifiche competenze in altri modelli animali ed in analisi di spettrometria di massa. La comprensione dei meccanismi d’azione di OPA1 e delle alterazioni causate dalle mutazioni patogene è essenziale per individuare le dinamiche che sono alla base di queste neuropatie, ma anche di altre più comuni malattie neurodegenerative. L’obiettivo finale è identificare i bersagli molecolari per sviluppare nuove strategie terapeutiche, e quindi trasferire i risultati della ricerca di base dal laboratorio alla cura del paziente.