Ciao Patrizia, di cosa ti occupi?
Attualmente sto studiando la circolarità del pensiero medico a Bologna tra il 1802 e il 1859. Mi occupo di medical humanities. Mi spiego: il contesto in cui la letteratura e la medicina si incontrano non è solo quello delle "belle lettere" come patrimonio costitutivo della cultura di un uomo colto, ai giorni nostri l’incontro avviene appunto nell’ambito delle medical humanities. In altre parole la letteratura fornisce a chi la legge e a chi l’ascolta l’opportunità di vedere la vita come altre persone la sperimentano.
Quando hai deciso di fare ricerca?
Quello che, ormai "alcuni" anni fa, mi ha definitivamente convinto che questa fosse la mia strada, è stato l’incontro con alcuni professori lungimiranti, sostenitori del fatto che l’integrazione della letteratura alla medicina serva a formulare questioni antropologiche legate al rapporto tra natura e cultura nelle pratiche di cura, e ai ruoli che i pazienti, familiari e medici assumono nelle relazioni terapeutiche.
Cosa ti appassiona di quello che studi?
Ricordo che il celebre Report di Abraham Flexner concludeva con queste parole: "La dimensione morale dell’educazione medica esige l’acquisizione di un bagaglio di qualità e di valori al centro dei quali stanno i bisogni della persona". Penso che senza la "disponibilità", la medicina sia destinata ad essere una scienza provvista sì di tecnologia, ma sprovvista di antropologia relazionale. Questa la si può imparare dalla letteratura attraverso le "emozioni" umanistiche.
Cosa pensi prima di andare a dormire la sera?
La centralità della persona è oggi un ritornello ricorrente, ma ora è necessario riflettere sull’effettiva o meno volontà di ovviare alla sua perdurante carenza.
E quando ti svegli al mattino?
Idem. Con un’aggiunta: speriamo che oggi sia la volta buona.
Quale scoperta/invenzione pensi possa rivoluzionare il tuo ambito di ricerca nei prossimi cinque anni?
Premesso che sarebbe già tanto si applicasse sempre e davvero quello che già sappiamo, sono fermamente convinta che la formazione del medico, chiamato a svolgere la sua attività fra scienza e valori umani, dovrebbe fin dall’inizio fondarsi, oltre che su solide basi scientifiche, su altrettanto solidi valori di medicina al servizio dell’uomo. Siccome il "sapere essere" presenta notevoli problemi didattici, mi piacerebbe applicare su basi stabili l’insegnamento delle humanities all’Università di Bologna.
Una cosa che hai imparato facendo ricerca.
Ho imparato che la letteratura che da sempre ha messo a tema l’uomo e la malattia, porta in modo naturale ad interrogarci sul senso della nostra esistenza. Per cui ora non è banale affermare che questo è il lavoro più bello del mondo. E mi auguro di poterlo fare per tutta la vita.
Sei un ricercatore "da adottare" cosa vorresti dire ai tuoi sostenitori?
Vorrei solo dire che il progresso è direttamente proporzionale all’investimento nella conoscenza, e che la cultura è fatta per unire non per separare.