Ciao Giovanni, raccontaci di cosa ti occupi?
Sono un chirurgo maxillo-facciale, quindi mi occupo delle patologie chirurgiche del volto, in particolare traumi, malformazioni e tumori. Il progetto del dottorato riguarda lo sviluppo e l'applicazione clinica di una tecnologia innovativa, la Realtà Aumentata, per la chirurgia del volto. Mediante l'utilizzo di particolari occhiali saremo in grado di proiettare sul paziente, con precisa sovrapposizione anatomica, informazioni virtuali tridimensionali relative agli organi, ai tessuti malati ed ai progetti chirurgici che dobbiamo perseguire. Lo studio è realizzato in collaborazione con l'Università di Pisa ed il laboratorio EndoCAS.
Quando hai deciso di fare ricerca?
Fin dal corso di specializzazione il nostro direttore, il prof. Claudio Marchetti, ci ha sempre spinto a fare ricerca. Il dottorato è la naturale continuazione di quel percorso. Molti dei progetti che seguo sono iniziati durante la specialità.
Cosa ti appassiona di quello che studi?
Tutto. Fare ricerca clinica applicata per un medico può essere davvero entusiasmante, in particolare la possibilità di avere un'idea, svilupparla e studiarne rapidamente il beneficio diagnostico o terapeutico per i pazienti.
Cosa pensi prima di andare a dormire la sera?
A molte cose. A come mandare avanti la mia famiglia, all'intervento chirurgico del giorno successivo, ai dettagli delle ricerche in corso, a ciò che ho appena studiato, visto che il tempo per studiare è spesso confinato alla sera. Oppure, se riesco, mi dedico a tutt'altro. Musica, arti figurative, letteratura o saggistica possono essere carburante inatteso per il proprio lavoro. O semplicemente sono le mie passioni.
E quando ti svegli al mattino?
Che sono in ritardo, che mia figlia che dorme è bellissima, che oggi devo fare un miliardo di cose.
Quale scoperta/invenzione pensi possa rivoluzionare il tuo ambito di ricerca nei prossimi cinque anni?
Molte tecnologie stanno già rivoluzionando la nostra chirurgia: la stessa realtà aumentata, i dispositivi custom-made, la robotica e le nanotecnologie in particolare. Però molti strumenti sono ancora immaturi e il progresso tecnologico fa apparire vetusto ciò che era al vertice dell'innovazione solo un anno prima. Ciononostante, il settore che potrebbe davvero rivoluzionare le cure, in particolare dei distretti complessi come il volto, è l'ingegneria tissutale, la capacità di rigenerare tessuti andati perduti. Ma temo che per giungere ad applicazioni soddisfacenti serviranno più di cinque anni.
Una cosa che hai imparato facendo ricerca.
Che l'entusiasmo per le proprie idee ti porta dritto all'obiettivo. Se togliete l'entusiasmo ad un ricercatore ne fate un pallido impiegato. Se gli togliete i fondi (ma non l'entusiasmo), ne farete un bravo ricercatore all'estero.
Sei un ricercatore "da adottare". Cosa vorresti dire ai tuoi sostenitori?
Si adotta chi viene abbandonato. Noi non dobbiamo sentirci abbandonati, anche se a volte andare avanti è complicato. La ricerca è il principale investimento di un paese per il futuro. I ricercatori sono mediamente persone giovani, quindi ricerca significa occupazione per i giovani. E non solo per i ricercatori: le valide invenzioni devono poi essere prodotte. La ricerca crea cultura, informazione, consapevolezza, salute. La ricerca è il terreno fertile e vitale di una comunità moderna.