Ciao Giuspeppina, di cosa ti occupi?
Mi occupo di HIV, il virus dell’immunodeficienza acquisita e dello studio dei meccanismi patogenetici alla base di alcune co-morbidità associate all’infezione, con particolare attenzione alle lesioni a carico del tessuto osseo. Infatti, i soggetti HIV positivi mostrano una riduzione della densità ossea con comparsa successiva di osteopenia-osteoporosi. Tutto questo sembra essere strettamente correlato alla capacità del virus di interferire nell’omeostasi cellulare, alterando il cross-talk tra osteoblasti, cioè le cellule in grado di rigenerare il tessuto osseo, e gli osteoclasti, responsabili, invece, del riassorbimento osseo, spostando l’equilibrio a favore di queste ultime.
Quando hai deciso di fare ricerca?
Da sempre sapevo per certo che avrei lavorato nel campo delle scienze biomediche, ma la passione vera e propria nasce durante il periodo di tirocinio per la preparazione della tesi, svolto nello stesso laboratorio in cui ora porto avanti la mia attività di ricerca.
Cosa ti appassiona di quello che studi?
La cosa che più mi piace è il sapere che ogni giorno è diverso dall’altro, che i risultati ottenuti possono dare vita a nuove ricerche, che il cervello deve essere sempre operativo, discutere in modo produttivo e razionale con i miei colleghi per studiare le strategie più opportune; ma anche saper ricominciare da capo, correggere gli errori e cambiare strategia.
Cosa pensi prima di andare a dormire la sera?
Penso alla giornata trascorsa, agli impegni che sono riuscita a mantenere, ai lavori che sono riuscita a portare avanti e ancora di più a quelli che non sono riuscita a svolgere o all’imprevisto, di cui sopra, che si verifica. Ma anche penso, perchè no? a rilassarmi e passare una serata in compagnia delle persone che amo.
E quando ti svegli al mattino?
Mi ritengo fortunata, perché mi sveglio con la voglia di andare in laboratorio, di fare bene il mio lavoro, con la speranza di riuscire ad ottenere risultati significativi.
Quale scoperta/invenzione pensi possa rivoluzionare il tuo ambito di ricerca nei prossimi cinque anni?
La più grande svolta, nel mio ambito, sarebbe quella di riuscire a mettere a punto nuove strategie preventive, per controllare l’infezione e disegnare nuove molecole, o composti, in grado di bloccare il danno osseo.
Una cosa che hai imparato facendo ricerca.
Ho imparato che nulla è scontato, nulla è certo in senso assoluto, che ogni cosa può essere analizzata da numerosi punti di vista. Che si impara tantissimo, anche dagli esperimenti non riusciti, dall’analisi di dati inattesi. Ho imparato anche a continuare a credere in quello per cui si lavora e non arrendersi al primo, al secondo, ma neanche all’ennesimo tentativo. Ho anche acquisito la capacità di essere parte di un team, di discutere insieme agli altri e capire quando dover cambiare un disegno sperimentale.
Sei un ricercatore "da adottare". Cosa vorresti dire ai tuoi sostenitori?
Vorrei dire di credere nella ricerca, di credere in noi giovani, di pensare ai risvolti importanti che si sono avuti in passato grazie alla ricerca. Vorrei che tantissimi raccogliessero il nostro appello di sostegno alla ricerca perché, posso dire per certo, che chi sceglie di fare questo lavoro lo fa, fondamentalmente, per passione.