Nutriamo la ricerca, con il tuo aiuto: intervista a Stefania Pellegrini
5 PER MILLE UNIBO / Lottare contro la criminalità organizzata in Emilia-Romagna attraverso la riqualificazione del territorio. È lo scopo del progetto che ha come strumento la creazione di una mappatura georeferenziata dei beni confiscati alla mafia – l’unica finora in Italia – in Emilia Romagna
Quale contributo può offrire un Ateneo alla lotta alla criminalità organizzata sul territorio regionale?
La lotta alla criminalità organizzata deve essere svolta da più fronti. In quanto fenomeno criminale la mafia va combattuta e repressa con strumenti investigativi e repressivi, in quanto fenomeno sociale va prevenuta mediante la diffusione di una cultura dell’antimafia. La prima azione viene svolta dalle forze di polizia e dalla magistratura, la seconda dal sistema educativo nel quale rientra la formazione universitaria. Un Ateneo che si impegna a proporre un’offerta formativa in materia di mafie e antimafia dimostra di volersi impegnare nella formazione di futuri professionisti consapevoli delle dinamiche mafiose. Conoscere il fenomeno mafioso consente anche di ri-conoscere le sue modalità di manifestazione e prevenire l’infiltrazione nelle tessuto economico-politico e sociale.
Il vostro lavoro è portato avanti anche dagli studenti del master intitolato a Pio La Torre. In che modo? Quale il loro apporto?
Il Master di II livello in “Gestione e riutilizzo di beni e aziende confiscati alle mafie. Pio La Torre” rappresenta l’evoluzione di un’offerta formativa nata più di dici anni fa come seminario universitario. La gestione dei beni confiscati alle mafie e il suo riutilizzo a fini sociali rappresenta uno strumento essenziale di lotta alle mafie all’avanguardia a livello internazionale. Si tratta di uno strumento giudiziario e al contempo sociale. I mafiosi vengono puniti mediante l’ablazione dei loro beni e la società recupera quanto la mafia le aveva illecitamente sottratto. Uno dei progetti nati dal Master Pio La Torre è la Mappatura georeferenziata dei beni confiscati in Emilia Romagna che consente l’individuazione dei beni confiscati mediante una localizzazione geografica e un catalogazione di documenti, dal materiale fotografico ai documenti giudiziari e planimetrico-strutturali, che permette al cittadino o all’Ente Locale di effettuare una reale individuazione dei beni sul territorio regionale.
Quale ruolo può avere secondo lei la ricerca condotta all’interno dell’Ateneo per lo sviluppo della società e del territorio?
La conoscenza del proprio territorio e del livello di infiltrazione mafiosa permette di prendere consapevolezza della fragilità del proprio sistema economico e della perniciosità del sistema mafioso. Formare professionisti consapevoli di questo pericolo consente di equipaggiarli per lo meno ad evitare di venire inconsapevolmente coinvolti in certe dinamiche se non a stimolare coloro che sceglieranno poi di diventare operatori dell’antimafia giudiziaria. Non solo. Il progetto della mappatura, da progetto di tesi finale del Master sta diventando uno strumento non solo di comunicazione e di trasparenza dei dati, ma anche di pianificazione territoriale e programmazione di investimenti. Chi vuole investire con progetti sociali utilizzando beni confiscati (da appartamenti, casa coloniche o poderi) può effettuare una prima individuazione dei beni attraverso la mappatura caricata su www.mafieeantimafia.it.
Come possono i cittadini contribuire alla ricerca?
La costante diminuzione dei fondi per la ricerca ha comportato che progetti come questi si basino sull’azione di volontariato di coloro che ci lavorano. Di conseguenza, non si può sempre contare sulla disponibilità di giovani studiosi che hanno nuove professionalità i quali necessariamente devono svolgere altre attività per poter vivere. Il contributo dei cittadini permetterebbe a questi giovani di continuare a crescere in questo settore e al contempo rappresenterebbe un preziosissimo servizio alla collettività.