Due buchi neri, grandi rispettivamente 36 e 29 volte la massa del Sole, che spiraleggiano avvicinandosi fino a fondersi uno con l'altro, generando di conseguenza un'onda gravitazionale abbastanza grande da poter essere captata sulla Terra: un'impercettibile increspatura nello spazio-tempo, registrata lo scorso 14 settembre dall'osservatorio Ligo, negli Stati Uniti. Da allora gli scienziati di mezzo mondo hanno vissuto settimane di calcoli e lavori frenetici per trovare una conferma ufficiale dell'evento. Conferma che, finalmente, è arrivata oggi, con l'annuncio ufficiale: per la prima volta nella storia è stato possibile osservare un'onda gravitazionale. Un evento straordinario che conferma, ancora una volta, la teoria della relatività generale, elaborata da Albert Einstein esattamente un secolo fa.
"La gravità di Newton, sviluppata alla fine del '600, era intesa come una interazione che permette a due oggetti massivi - ad esempio la Terra e il Sole - di attrarsi istantaneamente. Einstein, invece concepì la gravità come una interazione che si propaga con una velocità finita, la stessa della luce. Da qui scaturisce la possibile esistenza di quelle 'onde di gravità' che sono state oggi finalmente rivelate: una scoperta che avrà un impatto rilevante sull'evoluzione delle nostre conoscenze di fisica fondamentale, astrofisica e cosmologia". A parlare è Maurizio Spurio, docente di Fisica sperimentale al Dipartimento di Fisica e Astronomia dell'Università di Bologna e tra i responsabili dell'esperimento Antares, parte della rete scientifica di Ligo, a cui abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di più su questa importante scoperta.
Professor Spurio, cosa significa essere riusciti ad osservare un'onda di gravità?
L'osservazione di un'onda di gravità significa innanzitutto un'ulteriore conferma della teoria della relatività generale, ma non solo: misurare onde gravitazionali è un passo fondamentale per comprendere meglio la natura dello spazio-tempo e del nostro universo e per scoprire la natura delle dinamiche che governano i processi astrofisici di più alta energia.
Perché sono così importanti le onde gravitazionali?
Le onde gravitazionali sono emesse da sistemi con masse enormi: riuscendo a "vedere" l'onda possiamo anche ricevere informazioni sui sistemi da cui provengono. Contrariamente alle onde elettromagnetiche, che sono facilmente prodotte dal moto di cariche elettriche, ma altrettanto facilmente assorbite o diffuse, le onde di gravità sono più difficili da rivelare, ma trasportano informazioni sin dai primi momenti del Big Bang e ci possono aiutare quindi a comprendere la parte "oscura" dell’Universo. Le prospettive più immediate e interessanti, poi, sono nel campo delle osservazioni astrofisiche "multi-messenger", quelle cioè che utilizzano contemporaneamente informazioni di onde di gravità, onde elettromagnetiche, raggi gamma, particelle cariche e neutrini. Osservando ognuno di questi componenti possiamo arrivare a comprendere la dinamica degli oggetti più interessanti dell'universo: buchi neri, pulsar, collassi gravitazionali stellari, galassie con nuclei attivi, lampi di raggi gamma e così via.
Ma come si fa a "vedere" un'onda di gravità?
Per molti anni la possibilità di rivelare onde gravitazionali è stata ritenuta irrealizzabile, e gli stessi calcoli teorici sulle loro proprietà fisiche erano talmente complessi che chi doveva progettare un esperimento aveva poche indicazioni su "cosa cercare, cosa fare". A partire dagli anni '60, però, cominciarono ad essere costruiti degli strumenti di rivelazione che hanno permesso di realizzare diverse ricerche, a cui hanno contribuito in modo significativo anche molti fisici italiani. Negli anni '80, poi, si è iniziato a lavorare sui primi interferometri, gli strumenti grazie ai quali è stato possibile realizzare la scoperta di oggi.
Come funzionano questi strumenti?
Un interferometro è formato da due lunghi tunnel posti perpendicolarmente uno all'altro, ognuno dei quali è attraversato da un fascio laser che rimbalza nelle due estremità colpendo due specchi sospesi, e ritorna indietro. In condizione di assenza di segnale e di rumore, le due onde luminose vengono ricombinate in un punto dove è posto un rivelatore di luce. La sovrapposizione delle due onde è fatta in modo tale che queste si cancellino vicendevolmente e il rivelatore resti all'oscuro. Una qualsiasi variazione della lunghezza di uno dei due bracci, però, provoca una non perfetta cancellazione delle due onde nel rivelatore, che misura l’arrivo della luce.
E questa variazione può essere un'onda gravitazionale.
Sì, ma non solo. La difficoltà nell'individuare queste onde di gravità sta anche nel fatto che ci sono molti "rumori di fondo" che possono disturbare il segnale: piccoli terremoti, caduta di alberi, anche il traffico automobilistico può generare problemi. Per questo sono serviti più di trent'anni di ricerche e un enorme sviluppo tecnologico per riuscire ad arrivare all'annuncio di oggi.
La scoperta è stata fatta dal progetto Ligo, negli Stati Uniti, ma nasce da una collaborazione più ampia.
Ligo ha due interferometri negli Stati Uniti, uno a Livingston, in Louisiana, e l'altro ad Hanford, nello stato di Washington, che operano simultaneamente proprio per ridurre quei "rumori di fondo" di cui parlavo e per localizzare la direzione di provenienza dell’onda di gravità. L'articolo che annuncia la scoperta, però, è firmato come "Ligo Scientific Collaboration and Virgo Collaboration" e coinvolge oltre mille fisici, ereditando il contributo di numerosissimi scienziati, ingegneri e tecnologi che hanno contribuito alla ricerca delle onde di gravità nel passato. Vista la difficoltà dell'impresa è diventato indispensabile unire le forze a livello mondiale e tutti i gruppi coinvolti hanno contribuito alla scoperta, con innovazioni, idee, analisi dei dati.
E l'Italia?
L'Italia, con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è stata tra i protagonisti di questa storia con l’interferometro Virgo, costruito nei pressi di Pisa, che è partner degli osservatori presenti negli Stati Uniti. Attualmente Virgo è spento per manutenzione, ma sarà acceso nuovamente questa estate.
Tra le strutture italiane coinvolte c'è anche il telescopio di neutrini Antares, di cui lei è uno dei responsabili. In che modo è coinvolto?
L'onda gravitazionale osservata il 14 settembre scorso è connessa alla caduta di due buchi neri uno sull'altro, un evento a cui consegue anche un getto di particelle di alta energia, tra cui neutrini. Antares - che è un telescopio di neutrini sottomarino, situato a 2500 metri di profondità, nel Mar Mediterraneo - ha immediatamente cercato neutrini dalla direzione dell’onda gravitazionale in una finestra di 500 secondi attorno al tempo dell'evento. La stessa operazione è stata svolta dai responsabili dell’esperimento omologo posto al Polo Sud, che si chiama IceCube, ma purtroppo la probabilità che il getto di alta energia puntasse nella direzione della Terra era molto piccola e nessuno tra i neutrini rilevati è risultato compatibile con la provenienza dell'onda di gravità.
Non resta che aspettare la prossima occasione, quindi.
Certamente. Si spera che quello osservato lo scorso 14 settembre sia il primo di una lunga serie di eventi, e quando il getto delle sorgenti punterà nella direzione della Terra, l'osservazione contemporanea di un'onda gravitazionale e di un neutrino (o di un raggio gamma di alta energia) permetterà davvero di fare un passo strepitoso nella comprensione della dinamica dei processi astrofisici di più alta energia. Per ora, godiamoci l'annuncio e i dettagli di questa prima scoperta.