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Declino delle api e uso dei pesticidi: per una migliore valutazione del rischio ambientale

Esposizione prolungata, effetti subletali, sorveglianza continua: sono alcune delle raccomandazioni per migliorare i controlli sugli agrofarmaci nate a partire dal caso dei neonicotinoidi, popolari insetticidi tra i responsabili del declino degli insetti impollinatori


Il caso dei neonicotinoidi banditi dall'Unione Europea perché dannosi per le api può aiutarci a migliorare i sistemi di valutazione del rischio ambientale dei pesticidi. A suggerirlo è un gruppo internazionale di ricercatori in un articolo pubblicato sulla rivista Biological Conservation.

Ricostruendo la vicenda che negli ultimi anni ha fatto scattare l’allarme per il declino degli insetti impollinatori, gli studiosi hanno individuato una serie di indicatori grazie ai quali rivedere i protocolli oggi in uso per valutare la pericolosità dei pesticidi. Con l’obiettivo di ottenere valutazioni che tengano conto nel modo più fedele possibile degli effetti dell’utilizzo in campo degli agrofarmaci.


“Oggi è evidente che quando i neonicotinoidi furono autorizzati, gli schemi per la valutazione del rischio sulle api erano inadeguati a rilevare alcune delle minacce associate alle loro proprietà”, spiega Fabio Sgolastra, ricercatore dell’Università di Bologna, primo autore dell’articolo. “Da allora quei protocolli hanno incorporato importanti cambiamenti, ma le attuali procedure non sono ancora sufficienti: è necessaria una profonda revisione del processo di valutazione del rischio dei pesticidi sulle api, che tenga sempre più in considerazione la complessità ambientale in cui vivono questi preziosi insetti”.

API E NEONICOTINOIDI
Grazie alla loro opera di impollinazione, le api giocano un ruolo fondamentale per garantire le produzioni agrarie e per il mantenimento della biodiversità degli ecosistemi. Si stima però che negli ultimi anni il 9% delle specie di api e il 37% delle popolazioni di Apoidei (la superfamiglia di Imenotteri a cui appartengono le api) sia in declino. Tra i motivi di questo fenomeno, l’utilizzo dei pesticidi – e in particolare la grande diffusione di quelli della classe dei neonicotinoidi – è uno dei più citati.

Introdotti nel mercato, all’inizio degli anni ’90, i neonicotinoidi divennero rapidamente gli insetticidi più utilizzati al mondo a causa delle loro proprietà: versatilità di utilizzo, elevata efficacia anche a basse concentrazioni, rapidità di assorbimento in tutti i tessuti vegetali, prolungata azione insetticida anche a distanza di mesi dall'applicazione. Negli ultimi due decenni, però, numerosi studi scientifici hanno stabilito collegamenti tra l’utilizzo di questi pesticidi e il declino delle popolazioni di api. Tanto che lo scorso anno l’Unione Europea ha vietato l’utilizzo all'aperto di tre tipologie di neonicotinoidi.

"La vicenda dei neonicotinoidi ha evidenziato alcuni limiti nella regolamentazione dei pesticidi sulle api", dice Fabio Sgolastra. "Dovremmo quindi imparare da questa esperienza per rivedere gli schemi di valutazione del rischio, aggiornandoli con le più recenti evidenze scientifiche".

ESPOSIZIONE ED EFFETTI SUBLETALI
L’esposizione ai pesticidi – dicono innanzitutto gli studiosi – non avviene solo nel momento e nel luogo in cui questi vengono diffusi. “Nel caso dei neonicotinoidi, l’azione insetticida è prolungata nel tempo e si propaga in tutti i tessuti vegetali”, spiega Sgolastra. “Le api che giorno dopo giorno passano di fiore in fiore entrano quindi continuamente in contatto con queste molecole: un’esposizione cronica che anche a basse dosi può provocare un accumulo di sostanze tossiche nel corpo degli insetti”.

Spesso, inoltre, vengono utilizzati diversi pesticidi nello stesso periodo e nella stessa area, creando combinazioni di molecole che possono interagire tra di loro con effetti imprevedibili: un fenomeno che i protocolli di valutazione del rischio oggi in uso non tengono in considerazione. Così come non sono considerati gli effetti subletali degli agrofarmaci. “Un’ape che non è in grado di orientarsi e di ritornare al proprio alveare a causa di un’esposizione subletale di pesticida rappresenta comunque una perdita per la colonia di cui fa parte”, precisa infatti Fabio Sgolastra.

NON SOLO API DA MIELE
Parlando di api, poi, un altro punto debole dei protocolli di valutazione del rischio – dicono gli studiosi – è l’attenzione concentrata solo sull'ape da miele: un focus che non tiene in considerazione i possibili effetti nocivi delle sostanze analizzate sulle altre specie della stessa famiglia, spesso api solitarie che nidificano nel terreno. “Studi recenti hanno dimostrato che le api da miele resistono meglio all'impatto dei pesticidi perché vivono in società fortemente popolate, in cui la perdita di alcune operaie rappresenta un danno poco significativo”, spiega Sgolastra. “Aggiungere altre specie di apoidei, come le osmie ed i bombi, nella valutazione del rischio consentirebbe invece di avere un quadro più completo dell’impatto dei pesticidi sull'ecosistema”.

Infine, per mettere a sistema in modo efficace tutte queste indicazioni, gli studiosi suggeriscono l’istituzione di un sistema di sorveglianza continua dei pesticidi, in modo simile a quanto avviene per i farmaci. “La rivalutazione dei pesticidi non dovrebbe avvenire ogni dieci o quindici anni come succede attualmente, ma dovrebbe scattare non appena vengono evidenziati effetti avversi sulle api e sugli altri insetti utili”, dice in conclusione Fabio Sgolastra.

I PROTAGONISTI DELLO STUDIO
L’analisi è stata pubblicata su Biological Conservation con il titolo “Bees and pesticide regulation: Lessons from the neonicotinoid experience”. Per l’Università di Bologna hanno partecipato Fabio Sgolastra, Claudio Porrini e Stefano Maini del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari.

Hanno inoltre collaborato studiosi del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria di Bologna, del Beekeeping Research and Information Centre (CARI) di Louvain la Neuve (Belgio) e del Centre for Research on Ecology and Forestry Applications di Bellaterra (Spagna).