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Erasmus e coronavirus: una studentessa Unibo volontaria in ospedale a Bruxelles

La storia di Laura Ceccarelli, iscritta al quinto anno di Medicina e Chirurgia, da settembre in mobilità per studio e tirocinio nella capitale belga. Allo scoppio dell’emergenza ha scelto di restare e si è unita ad un gruppo di studenti volontari: “È un’occasione importante per dare una mano a superare questa emergenza che ci coinvolge tutti”


“Sono in prima linea, ma lavoro in sicurezza: è un’occasione per fare la mia parte in questa emergenza”. Laura Ceccarelli è una studentessa dell’Università di Bologna iscritta al quinto anno di Medicina e Chirurgia. Da alcuni mesi è a Bruxelles in Erasmus, e quando l’epidemia di Covid-19 è arrivata anche in Belgio ha deciso di restare, offrendosi come volontaria in uno degli ospedali della città. “Faccio servizio tre volte alla settimana: per ora ho dato la mia disponibilità fino alla fine di aprile, poi si vedrà”.

Laura è arrivata nella capitale belga lo scorso settembre dopo aver vinto una borsa per partecipare al programma Erasmus+: 10 mesi di mobilità alla ULB - Université libre de Bruxelles. “All’inizio non ero convinta, ho fatto domanda tanto per provare: non pensavo che sarei stata selezionata”, racconta. “Ma per fortuna mi sono buttata, perché una volta arrivata mi sono trovata bene da subito e ho capito che sarebbe stata un’esperienza importante”. I primi mesi sono passati tra lezioni ed esami, poi, a partire da febbraio sono iniziati anche i tirocini all’Hôpital Erasme, l’ospedale universitario collegato all’Université libre de Bruxelles.

Dopo alcune settimane di pratica in reparto, però, l’emergenza coronavirus ha cominciato a farsi sempre più pressante, spostandosi dalla Cina all’Italia e poi nel resto d’Europa. Da italiana all’estero, Laura ha vissuto quei giorni come se si trovasse in due mondi paralleli, separati tra loro. “Era come poter guardare dentro una sfera di cristallo che prevede il futuro”, dice. “Già da inizio marzo le notizie che arrivavano dall’Italia mostravano una situazione preoccupante, ma qui in Belgio nessuno sembrava ancora voler affrontare il problema. Poi, nel giro di poche settimane quanto accaduto in Italia si è ripetuto allo stesso modo anche qui: scuole e negozi chiusi, distanziamento sociale, invito ad uscire di casa il meno possibile”. Il 18 marzo anche tutti i tirocini negli ospedali sono stati sospesi.

Quando l’epidemia ha iniziato a diffondersi in Italia, l’Università di Bologna ha contattato i suoi studenti impegnati all’estero offrendogli la possibilità di rientrare e proseguire la mobilità in seguito, quando sarà possibile, oppure restare nel paese in cui si trovavano, seguendo le indicazioni delle autorità locali. Laura ha scelto di restare: “Non me la sono sentita di rientrare, ho deciso di rimanere a Bruxelles e continuare a fare quanto possibile”. E non è rimasta a lungo con le mani in mano.

Dopo pochi giorni, gli studenti di medicina hanno iniziato ad organizzare gruppi di volontari per aiutare gli ospedali a gestire l’emergenza. Laura ha aderito all’iniziativa e la scorsa settimana ha fatto il suo primo turno. “Sono con un gruppo di studenti all’Hôpital Erasme, ci occupiamo della gestione degli arrivi di casi sospetti di Covid-19”, racconta. “Sono consapevole che siamo in prima linea, ma devo dire che abbiamo trovato un ambiente sicuro e sereno: le nostre mansioni sono adeguate alla nostra preparazione e abbiamo tutti i dispositivi di sicurezza necessari. Prima di cominciare abbiamo fatto un corso di formazione per imparare a indossare e a togliere tuta, guanti e mascherina in modo corretto”.

Gli studenti hanno organizzato un sistema di turni per garantire la copertura del servizio: Laura sarà impegnata tre volte alla settimana almeno fino alla fine di aprile. “Se sarà necessario potrei proseguire anche a maggio, dipende da come andranno le cose”, dice. Nel frattempo, resta concentrata sul suo impegno in ospedale, guardando al futuro: “È un’occasione importante per dare una mano a superare questa emergenza che ci coinvolge tutti, e da studentessa di medicina è anche un’opportunità preziosa per la mia formazione”.