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Il ruolo chiave degli astrociti nello sviluppo della Leucodistrofia Autosomica Dominante

Alla base della rarissima malattia neurodegenerativa, ad oggi incurabile, potrebbero esserci alterazioni irreversibili di queste cellule del sistema nervoso, rivela una nuova ricerca guidata da studiosi del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna


Astrociti in coltura (Immagine: Karin Pierre, Institut de Physiologie, UNIL, Lausanne)


Gli astrociti, una classe di cellule del sistema nervoso, potrebbero avere un ruolo chiave nello sviluppo della Leucodistrofia Autosomica Dominante (ADLD), una rarissima malattia neurodegenerativa per la quale ad oggi non esistono cure efficaci. Un gruppo di ricerca guidato da studiosi dell’Università di Bologna ha pubblicato sulla rivista scientifica Cellular and Molecular Life Sciences alcuni risultati da cui emerge che alterazioni morfologiche e funzionali irreversibili di queste cellule potrebbero essere alla base della patologia. A produrre queste alterazioni, è l’aumento di espressione di un particolare gene, chiamato LMNB1, responsabile della produzione della Lamina B1, una proteina che fa parte della membrana nucleare.

Nel mondo ci sono circa venti famiglie affette da ADLD e diversi pazienti vengono seguiti dal gruppo del professor Pietro Cortelli all’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, che ha collaborato alla realizzazione di questa nuova ricerca. La patologia è legata alla perdita di sostanza bianca, la rete di fibre nervose, ricoperte da mielina, che è tra i componenti principali del sistema nervoso centrale. I pazienti che ne sono colpiti presentano una duplicazione o una delezione a monte del gene della Lamina B1. I sintomi emergono in età adulta e portano ad un progressivo e incurabile decorso neurodegenerativo.

Trattandosi di una patologia estremamente rara e complessa, sono pochissimi in tutto il mondo i gruppi di ricerca impegnati a studiarla. Ma per poter arrivare ad una terapia in grado di rallentare, interrompere o addirittura ripristinare il normale decorso clinico dei pazienti è essenziale riuscire a individuare i meccanismi che ne sono alla base.

"Abbiamo iniziato a lavorare a questo studio circa quattro anni fa, partendo da pochissime informazioni frammentarie, ma con moltissime idee", spiega Stefano Ratti, medico, ricercatore di Anatomia Umana dell'Università di Bologna (Laboratorio di Trasduzione del Segnale diretto dal professor Lucio Cocco) e primo autore dello studio. "Abbiamo lavorato intensamente per delineare i migliori modelli ingegnerizzati e target molecolari possibili, fino a creare un progetto sperimentale con approcci scientifici innovativi ma basi estremamente solide; questo ci ha consentito di raggiungere risultati effettivamente inaspettati e di grande impatto per la comunità scientifica internazionale".

Fino ad oggi l’attenzione degli studiosi che si occupano di ADLD si era concentrata solamente su un tipo cellulare, gli oligodendrociti, responsabili della formazione della mielina, una sostanza che circonda le fibre nervose e che si rivela fondamentale per il corretto funzionamento del sistema nervoso. Questo nuovo studio ha mostrato che potrebbero invece essere gli astrociti, che svolgono importanti compiti di supporto nel sistema nervoso, ad avere un ruolo primario nello sviluppo della Leucodistrofia Autosomica Dominante.

"Gli astrociti sono da sempre ritenuti cellule di supporto alla funzione degli oligodendrociti e dei neuroni", dice ancora Ratti. "La nostra idea è stata analizzare le differenze cellulari specifiche, puntando l'attenzione in particolare su questo tipo cellulare meno studiato. E sono venuti alla luce dati estremamente interessanti: gli astrociti potrebbero infatti accumulare danni legati alla patologia determinando, con un meccanismo a catena, il mal funzionamento delle altre cellule cerebrali più nobili e più note".

Sia le analisi realizzate su cellule di pazienti affetti da ADLD che quelle in modelli cellulari di astrociti ingegnerizzati hanno infatti mostrato severe alterazioni a livello di nucleo cellulare, che non sono state riscontrate sugli altri tipi cellulari cerebrali. Inoltre, l’accumulo di Lamina B1, componente fondamentale della membrana nucleare che nei pazienti affetti da ADLD viene espresso in maniera sproporzionata, determina negli astrociti una riduzione di LIF (Leukemia Inhibitory Factor), una citochina che svolge un ruolo importante anche nei processi di produzione della sostanza bianca del cervello.

"La somministrazione in vitro di LIF riesce a ripristinare gli effetti tossici dovuti all’accumulo della Lamina B1", spiega Ratti. "Questo mostra che l'eccessiva espressione di Lamina B1 determina un mal funzionamento degli astrociti, i quali riducono quindi il loro supporto agli oligodendrociti nei normali processi di mielinizzazione della sostanza bianca".

Oltre a questo, gli studiosi hanno valutato, nei pazienti affetti da ADLD, il ruolo svolto dall'infiammazione e dalle specie reattive dell'ossigeno (ROS), la più diffusa tipologia di radicali liberi, nello sviluppo della malattia. I risultati ottenuti hanno mostrato infatti un aumento generale dei processi infiammatori, che probabilmente contribuiscono ad innescare un rinforzo negativo, peggiorando la situazione di precarietà e sofferenza cellulare già indotta dall’accumulo di Lamina B1.

Si tratta di risultati importanti per questa malattia poco studiata, che aprono la strada a nuovi sviluppi per comprenderne meglio i meccanismi e arrivare così a formulare terapie efficaci. "La comunità scientifica internazionale segue gli sviluppi degli studi su questa complessa patologia neurodegenerativa, ad oggi senza cura, con grande passione e interesse", dice in conclusione Stefano Ratti. "Siamo già pronti alla prossima fase dello studio, che vedrà anche il coinvolgimento attivo del Korea Brain Research Institute, per approfondire quanto osservato finora e ottenere dati, speriamo, ancora più promettenti".

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Cellular and Molecular Life Sciences con il titolo "Cell signaling pathways in autosomal-dominant leukodystrophy (ADLD): the intriguing role of the astrocytes". Per l’Università di Bologna hanno partecipato Stefano Ratti, Isabella Rusciano, Sara Mongiorgi, Eric Owusu Obeng, Alessandra Cappellini, Gabriella Teti, Mirella Falconi, Sabina Capellari, Pietro Cortelli, Lucio Cocco, Lucia Manzoli e Giulia Ramazzotti, tutti attivi al Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie. Hanno partecipato inoltre studiosi dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna (Anna Bartoletti-Stella, Pietro Guaraldi, Lia Talozzi) e Pann-Ghill Suh del Korea Brain Research Institute (Corea del Sud).