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Uno one day screening per la prevenzione e il trattamento della steatoepatite non alcolica

Si tratta di una malattia cronica del fegato che può evolvere fino all’insufficienza epatica: grazie al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Alma Mater e con il contributo della Fondazione Carisbo, parte un progetto che offre un percorso rapido per contrastarne la diffusione


Il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell'Università di Bologna, in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, ha elaborato un progetto per il controllo, la prevenzione e il trattamento della steatoepatite non alcolica, una malattia cronica del fegato che può evolvere fino all’insufficienza epatica.

Coordinato da Lucia Brodosi, ricercatrice al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, il progetto resterà aperto per un anno e si svolgerà presso la SSD Nutrizione Clinica e Metabolismo – Centro Regionale di Riferimento per l’Insufficienza Intestinale Cronica Benigna dell’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, diretta dal professor Loris Pironi.

L’obiettivo è mettere a disposizione dei medici e dei pazienti un percorso rapido che prevede una prima fase di one day screening, a cui può seguire da una seconda fase, di carattere terapeutico, per le persone che ne hanno necessità.

La steatoepatite non alcolica deriva dalla steatosi epatica, una condizione nota come “fegato grasso” che per anni è stata impropriamente ritenuta benigna ma che sta invece emergendo come una delle principali cause di malattia del fegato.

“Quasi sempre associata a componenti della sindrome metabolica come l’obesità, il diabete di tipo 2, l’ipercolesterolemia e l’ipertensione arteriosa, la steatosi epatica è in grado di evolvere a steatoepatite e di portare alla formazione di fibrosi del fegato in oltre il 40% dei casi, con evoluzione alla cirrosi nel 2% dei casi”, spiega Lucia Brodosi. “È oggi la seconda causa di trapianto del fegato ed è inoltre un fattore di rischio per lo sviluppo di tumori del fegato, anche in assenza di cirrosi epatica”.

Per contrastare la diffusione di questa patologia, il progetto offre la possibilità di effettuare un programma rapido di screening che prevede una visita medica con valutazione del rischio per il paziente, la misurazione dei parametri vitali e delle misure antropometriche, lo studio della composizione corporea e la raccolta di informazioni sullo stile alimentare.

Infine, i pazienti vengono sottoposti ad una valutazione quantitativa della steatosi e della fibrosi epatica attraverso un FibroScan, il cui acquisto è stato finanziato da un contribuito della Fondazione Carisbo. Il FibroScan è uno strumento simile ad un ecografo ma unico nel suo genere perché consente di realizzare diagnosi di fibrosi ed ottenere una stima della quantità di grasso presente nel fegato.

Al termine del controllo, ai pazienti che saranno risultati a basso rischio di fibrosi epatica verranno consegnate indicazioni per prevenirne lo sviluppo attraverso una corretta alimentazione e un sano stile di vita. I pazienti ad alto rischio saranno invece invitati ad eseguire indagini di approfondimento e a partecipare a programmi terapeutici personalizzati.