Un gruppo italiano di studiosi ha ricostruito l'evoluzione dello stile di vita dei nostri antenati vissuti nel Sud Italia tra 31.000 e 2.200 a.C. analizzando i microorganismi presenti all'interno della bocca (microbiota orale), da cui è stato estratto il DNA antico. Lo studio - pubblicato su Nature Communications - ha evidenziato per la prima volta una corrispondenza tra il microbioma e il modo di vivere delle popolazioni umane antiche. Coordinata dall'Università di Padova e dall'Università di Firenze, la ricerca ha coinvolto anche studiosi dell'Università di Bologna, della Sapienza Università di Roma, dell'Università di Siena e del Ministero della Cultura.
Gli scienziati hanno estratto il DNA antico da 76 campioni di tartaro dentario e sono riusciti a ricostruire l’antico microbiota orale di cacciatori-raccoglitori paleolitici vissuti nel Sud Italia tra il 31.000 e l'11.000 a.C., confrontandolo poi con quello di campioni provenienti dalle stesse aree geografiche e risalenti al Neolitico (tra il 6.200 e il 4.000 a.C.) e all’età del Rame (tra il 3.500 e il 2.200 a.C.).
"Questo studio ha fornito nuovi dati su una delle transizioni climatiche e culturali più rilevanti per la nostra specie: la transizione verso le economie produttive che le popolazioni del Mediterraneo, e in particolare del territorio italiano, sperimentano in relazione a rilevanti cambiamenti ambientali che caratterizzano la fine del Pleistocene e l’inizio dell’Olocene", spiega Maria Giovanna Belcastro, professoressa al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell'Università di Bologna, tra gli autori dello studio.
Lo studio ha infatti mostrato che il microbiota orale - che gioca un ruolo fondamentale in numerosi processi fisiologici - varia in relazione ai cambiamenti nelle strategie di sopravvivenza: la composizione batterica si è adattata in maniera graduale e progressiva al nuovo sistema di sussistenza agricolo.
I ricercatori hanno individuato due fasi, entrambe risalenti al Neolitico. Un primo cambiamento si registra tra il 6.200 e il 5.000 a.C., nei primi secoli della transizione all’agricoltura: numerose nuove specie di batteri popolano il microbiota orale e sono le stesse che oggi si ritengono responsabili di patologie orali e autoimmuni (come il Porphyromonas gingivalis, la Tannerella forsythia e la Treponema denticola). In questo arco temporale, il microbiota dei primi agricoltori mantiene molti aspetti del microbiota delle comunità di cacciatori-raccoglitori paleolitici, ma presenta alcune specificità differenti.
La seconda fase di sviluppo, con differenze molto marcate rispetto alle comunità paleolitiche, inizia invece nella seconda metà del Neolitico (4.500-3.500 a.C.): le nuove specie di batteri nella cavità orale dei nostri antenati diventano preminenti, mentre quelle presenti nei campioni paleolitici tendono quasi a scomparire.
"È interessante in particolare il caso della Puglia, da cui provengono molti dei campioni esaminati, perché è il territorio in cui il passaggio dall’economia di sussistenza dei cacciatori-raccoglitori a quella agricola è avvenuto per primo in Italia, e uno dei più antichi in Europa occidentale", dice ancora Belcastro. "Nello specifico, per i reperti del sito di Passo di Corvo, risalenti alla seconda metà del VI millennio a.C., abbiamo contribuito al lavoro con dati antropologici, tafonomici e di precedenti studi sulla dieta, con gli isotopi stabili del carbonio e dell’azoto: si tratta di uno dei più grandi villaggi neolitici, con un’estensione di 130 ettari, con fossati usati anche a scopo funerario, da cui si evince non solo la transizione verso l’agricoltura ma anche la pratica della pastorizia. Qui si osserva la prima fase di cambiamento della composizione microbica contenuta nel tartaro dentario".
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications con il titolo "Ancient oral microbiomes support gradual Neolithic dietary shifts towards agriculture". Per l'Università di Bologna hanno partecipato Maria Giovanna Belcastro e Valentina Mariotti del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, insieme a Claudio Cavazzuti del Dipartimento di Storia Culture Civiltà. Lo studio è stato coordinato dall’Università di Padova, grazie al sostegno del programma STARS, e dall’Università di Firenze. sono stati coinvolti inoltre ricercatori della Sapienza Università di Roma, dell'Università di Siena e del Ministero della Cultura (MiC).