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Giustizia climatica in Europa: le richieste dei giovani ambassador di #ClimateOfChange

Durante l’evento di chiusura della campagna internazionale nata per raccontare il nesso tra cambiamenti climatici e migrazioni, a cui ha partecipato anche l’Alma Mater, è stata consegnata una petizione che ha raccolto oltre 111 mila firme per chiedere all’Unione Europea sforzi maggiori verso la giustizia climatica e sociale


Politiche ambiziose per costruire una transizione verso la giustizia climatica e sociale. È la richiesta che più di cento giovani ambassador da tutta Europa hanno rivolto a Clara de la Torre, direttrice dell'Azione per il Clima dell'Unione Europea, con una petizione che ha raccolto oltre 111 mila firme. Un risultato straordinario di adesioni che solo in Italia ha visto la partecipazione di 40mila persone.

L’incontro si è svolto a Bruxelles in occasione di "Change Talks - dialoghi della società civile sulla giustizia sociale e climatica", conferenza di chiusura di #ClimateOfChange, campagna di comunicazione europea nata per raccontare il nesso tra cambiamenti climatici e migrazioni. L’obiettivo era coinvolgere i giovani per creare un movimento pronto non solo a cambiare il proprio stile di vita ma anche a sostenere la giustizia climatica globale.

Guidata da WeWorld – organizzazione italiana che difende da 50 anni i diritti di donne e bambini in 27 paesi del mondo - e cofinanziata dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma DEAR (Development Education and Awareness Raising Programme), l'iniziativa ha coinvolto 16 organizzazioni europee per progettare in sinergia, non solo ricerche e dibattiti nelle scuole e nelle università̀, ma anche una campagna paneuropea di comunicazione e sensibilizzazione, online e offline, che ha coinvolto milioni di ragazzi e ragazze dai 16 ai 35 anni in 23 stati membri dell'UE.

L'Università di Bologna ha partecipato attivamente, con un gruppo di ricerca che fa capo a quattro dipartimenti: Sociologia e diritto dell'economia (prof. Pierluigi Musarò e dott.ssa Elena Giacomelli), Scienze e tecnologie agro-alimentari (prof. Matteo Vittuari e dott.ssa Elisa Iori), Storia culture e civiltà (prof.ssa Elisa Magnani e dott.ssa Sarah Walker), Scienze politiche e sociali (prof. Marco Borraccetti e dott.ssa Susanna Villani).

Nel corso della conferenza di chiusura a Bruxelles si è parlato di diritti, di giustizia climatica, di migrazioni. E anche di "due diligence": una proposta di legge europea che obbligherebbe le aziende a rispettare i diritti umani e l’ambiente lungo le catene di approvvigionamento globali. In base a questa direttiva, tutte le aziende – dai giganti dei combustibili fossili e dell’agro-business, a quelli della moda e dell’hi-tech – dovrebbero dotarsi di politiche e comportamenti efficaci nel garantire che i diritti umani e gli ecosistemi non siano violati né dalle operazioni da loro direttamente intraprese, né all’interno delle lunghe catene di fornitura di cui si avvalgono a livello globale.

"Fatti e cifre sono alla base del nostro intervento sul clima ma non basta. Abbiamo bisogno di politiche che tengano conto degli aspetti sociali, economici e umani", ha commentato Clara de la Torre. "È un’azione urgente, difficile e costosa ma è ancora possibile. L’Unione Europea sta lavorando in prima linea per la crisi climatica ma chi emette inquinamento deve assumersi la propria responsabilità".


In questa direzione va la petizione nata da #ClimateOfChange, che ha raccolto oltre 111 mila firme. Quattro le richieste principali: mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C, raggiungendo la neutralità climatica dell'UE entro il 2040, accelerando il processo di transizione verso l'uso di energie pulite e rinnovabili e bloccando il finanziamento ai combustibili fossili; passare a un'economia del benessere socialmente ed ecologicamente giusta, che abbracci altri indicatori oltre il PIL, anteponendo gli interessi della società e della natura a quelli delle imprese; proteggere i migranti climatici con politiche basate sui diritti umani e fornire alle comunità più vulnerabili supporto tecnico e finanziario; permettere la partecipazione dei giovani per integrare una visione dal basso nel processo decisionale politico, creando Consigli di Giovani nell'UE e negli Stati membri.