Inclusivo per tutti i lavoratori, supportato e diffuso a livello organizzativo, flessibile in base ai contesti e alle preferenze individuali: sono i tre principi cardine che dovrebbero guidare le riflessioni e le decisioni attorno al diritto alla disconnessione. A suggerirli è l’International Network on Technology, Work and Family (INTWAF), rete internazionale di ricerca di cui fanno parte anche Gabriele Morandin e Marcello Russo, entrambi professori al Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università di Bologna.
In un intervento pubblicato sulla Stanford Social Innovation Review, gli studiosi hanno affrontato in chiave interdisciplinare uno dei problemi più̀ rilevanti e diffusi della vita moderna: imparare a gestire in modo più consapevole i nostri dispositivi digitali, in particolare in relazione al rapporto tra tempo di vita e tempo di lavoro.
"Le promesse delle nuove tecnologie, smartphone in primis, sono state certamente mantenute: possibilità di comunicare da qualunque posto e in qualsiasi momento. Ma a quale costo?", dice Gabriele Morandin. "Diversi studi hanno messo in luce come la percezione di autonomia e ubiquità garantita dai device digitali sia solo un’illusione. Molti parlano infatti di ‘trappola della connettività’, da cui derivano evidenti conseguenze sui livelli di stress e sulla salute individuale, così come ricadute negative a livello organizzativo".
Per questo, è ormai ampiamente diffusa la discussione su un "diritto alla disconnessione", che garantisca alle lavoratrici e ai lavoratori la possibilità di astenersi dalle comunicazioni elettroniche legate al lavoro durante le ore non lavorative.
Il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione in cui invita la Commissione Europea a preparare una direttiva sul tema. E anche a livello nazionale ci sono stati diversi tentativi per disciplinare il diritto alla disconnessione – ad esempio in Francia, Portogallo, Spagna e Belgio – ma si tratta di provvedimenti spesso simbolici a cui non sempre fanno seguito decisioni concrete da parte delle aziende. In Italia i primi timidi segnali di regolamentazione su questo tema risalgono al 2017, ma una reale discussione che coinvolga tutti gli attori, in primis le imprese, è ancora marginale.
"Seppur apprezzabili nelle loro intenzioni, i provvedimenti adottati finora sul diritto alla disconnessione sono poco utilizzati o inefficaci", sostiene Marcello Russo. "Per questo abbiamo voluto mettere in luce tre principi che crediamo siamo fondamentali per progettare interventi e policy sul tema: assicurarsi che il diritto alla disconnessione sia applicabile a tutti; favorire un allineamento tra diritto alla disconnessione e cultura organizzativa; essere consapevoli della realtà e dei bisogni individuali, in modo che ognuno possa esercitare la propria libertà di espressione, senza danneggiare le esigenze altrui".
Il primo punto che sottolineano gli studiosi dell’International Network on Technology, Work and Family è la necessità di un diritto alla disconnessione che sia inclusivo, assicurato a tutti i lavoratori. Fino ad oggi si sono viste infatti soprattutto singole iniziative a livello aziendale e provvedimenti legislativi che riguardano solo alcune categorie professionali. Queste soluzioni non solo generano situazioni di iniquità tra i diritti, ma anche un’eccessiva flessibilità nell’applicazione delle policy, rendendone vani gli obiettivi.
C’è poi il tema del contesto e della cultura organizzativa all’interno della quale si muovono i lavoratori: perché il diritto alla disconnessione richiede anche un cambiamento culturale all’interno delle imprese e delle organizzazioni.
"Questo diritto richiede di esser supportato e diffuso da culture, policy e prassi, affinché le persone, lungi dall’esser penalizzate o ancor peggio stigmatizzate per la decisione di disconnettersi dai dispositivi digitali, e quindi dal lavoro, possano sentirsi rassicurate, e anche incoraggiate, in questi comportamenti quotidiani", dice ancora Morandin. "In questo processo di cambiamento culturale, un ruolo centrale devono averlo coloro che occupano una posizione apicale, chiamati a fornire il corretto esempio e rispettare il tempo di non lavoro dei loro collaboratori".
Infine, la disconnessione deve poter essere anche una scelta personale dei lavoratori, legate alle necessità, alle preferenze e agli obiettivi individuali. Lo scopo – sottolineano gli studiosi – non è indicare in modo normativo fasce orarie in cui sia appropriato connettersi e altre in cui sia meglio scollegarsi e vivere offline, ma piuttosto tenere in considerazioni le realtà e i bisogni di ogni lavoratore.
"Il diritto alla disconnessione permette ai lavoratori un maggiore controllo sul rapporto tra tempo di vita e tempo di lavoro: riduce lo stress permettendo maggiore concentrazione durante le ore lavorative e garantisce la possibilità di dedicarsi alla famiglia e agli altri impegni quotidiani senza timore di essere per questo penalizzati", conclude Russo. "Il nostro contributo sottolinea che questo diritto dovrebbe tenere in considerazione le necessità delle organizzazioni e dei lavoratori con l'obiettivo comune di ottenere benefici per tutta la società".