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Un sensore li salverà

Nell'ambito dell'iniziativa @UniboPER/PhD Storytelling, Giulia Avallone, Dottoranda in Meccanica e Scienze Avanzate dell’Ingegneria (DIMSAI) - Dipartimento di Ingegneria Industriale, Università di Bologna - racconta di tute speciali, con dispositivi elettronici applicati direttamente a contatto con il corpo umano, capaci di rendere il lavoro più sicuro e mitigare l’emergenza sociale ed economica degli infortuni, mortali e non. Le novità che emergono dai ricercatori di Montecuccolino, Università di Bologna, e da un’innovativa azienda olandese


Dal lavoro di collaborazione con UGIS Unione Giornalisti Italiani Scientifici per l'edizione 2022, questo articolo è stato originariamente pubblicato sulla pagina web UGIS dedicata. L'autrice è Giulia Avallone, Dottoranda in Meccanica e Scienze Avanzate dell’Ingegneria (DIMSAI)

L’emergenza italiana ed europea è tutta in poche cifre: nel 2021 nel nostro Paese hanno perso la vita 1.221 lavoratori, facendo salire a 4.713 le vittime dal 2018 al 2021. Nello stesso anno 2021 sono state presentate 555.236 denunce di infortuni sul lavoro, lo 0,2 per cento in più rispetto all’anno precedente (dati Inail). E in Europa non va meglio: nel 2019 Eurostat indica in 3.408 i morti sul lavoro (76 in più rispetto all’anno precedente, a quel 2018 in cui sono stati registati nel continente quasi 2 milioni di incidenti con una media di 4 morti al giorno). Scendendo nella sala della gravità delle conseguenze del lavoro a rischio, l’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro riferisce che circa 3 lavoratori su 5 sono affetti da disturbi muscoloscheletrici, soprattutto male alla schiena e dolori al collo e alle spalle.

Lutti e dolori a parte, queste statistiche indicano gravi conseguenze sociali ed economiche: i lavoratori, oltre alla sofferenza personale rischiano di vedersi calare il reddito; i datori di lavoro diminuire l’efficienza e la produttività della loro azienda, con una conseguente impennata della spesa sanitaria e previdenziale del paese. È impellente la necessità di una comunicazione efficace tra Stato, aziende, centri di ricerca, start-up ad alta competenza per utilizzare le nuove tecnologie e creare una forte strategia di prevenzione e contrasto degli incidenti sul lavoro.

Nel laboratorio di Montecuccolino dell’Università di Bologna, sui colli a sud del capoluogo emiliano (che quest’anno festeggia i primi 60 anni di attività) un gruppo di ricercatori sta studiando l’applicazione di sensori indossabili sul lavoratore per un’interazione sicura tra uomo e macchina. I sensori indossabili, detti wearable, sono dispositivi elettronici applicati direttamente a contatto con il corpo umano in grado di captare diversi tipi di informazioni. I casi più commerciali sono gli smartwatch, ovvero orologi intelligenti, che monitorano l’attività cardiaca durante il fitness o il sonno, o i sistemi di visione di realtà aumentata. Il loro incremento sul mercato globale è dovuto al grande progresso tecnologico nella manifattura di sensori miniaturizzati e di nuovi polimeri flessibili, che hanno permesso di progettare dispositivi indossabili sempre più confortevoli e funzionali.

Così come, all’inizio del ‘900, i minatori si affidavano al canto del canarino per capire la presenza di pericoloso metano o monossido di carbonio nelle strette gallerie delle miniere, oggi i sensori indossabili, utilizzando marcatori di tipo fisico, chimico o elettronico, possono avvertire il lavoratore nel caso di un pericolo imminente. Il gruppo di ricerca bolognese si concentra sull’uso di sensori di tipo inerziale che, misurando la velocità angolare e l’accelerazione lineare grazie a tecnologia MEMS a bassa potenza, sono in grado di stimare l’orientamento del corpo su cui sono applicati. Questi tipi di sensori sono molto comuni e già utilizzati in molti mercati: ad esempio sono quei sensori che, all’interno dei nostri smartphone, riconoscono automaticamente la rotazione del tuo dispositivo, oppure quelli che individuando eccessive accelerazioni, fanno scattare i sistemi airbag delle automobili.

Una tuta indossabile composta da diversi sensori inerziali, integrati in moderne infrastrutture IoT (Internet of Things, che permette di aumentare l’intelligenza degli oggetti d’uso comune, come, ad esempio, gli elettrodomestici) permette, attraverso algoritmi di intelligenza artificiale, di ricostruire il movimento del corpo e quindi di monitorare l’operatore all’interno dell’impianto produttivo. L’integrazione delle informazioni di movimento del lavoratore con i segnali di controllo delle macchine consente di sviluppare un modello digitale costantemente aggiornato dell’intero impianto produttivo e di monitorare l’interazione tra uomo e macchina. Così, è possibile avvertire il lavoratore nel caso stia attraversando zone ad alto rischio ed evitare incidenti e infortuni.

Inoltre la conoscenza di come il lavoratore si muove e di come interagisce con gli strumenti di lavoro e il mondo esterno permette di fare una valutazione "predittiva" del suo futuro stato di salute. È infatti dimostrato che una scorretta postura durante il turno lavorativo, il sollevamento di carichi eccessivi, la ripetizione dello stesso movimento molte volte, sono le principali cause dell’insorgenza di disturbi muscoloscheletrici cronici nei lavoratori europei.

Studiare in anticipo la dinamica del compito lavorativo, simularne gli effetti e definire indici ergonomici specifici, permette di creare ambienti di lavoro più sicuri e di attuare finalmente politiche di prevenzione invece che di cura. I vantaggi nel monitorare il lavoratore con i sensori inerziali sono quindi molteplici. Chi scrive, ricercatrice nel settore, consiglia ai politici, ai sindacalisti, agli istituti nazionali interessati alla sicurezza sul lavoro come l’Inail e l’Anmil, dovrebbero convogliare l’esperienza decennale delle aziende che già producono questo tipo di tute sensorizzate (una su tutte: l’olandese Xsens, con sede a Enschede), per altri contesti applicativi, in un bacino di ricerca e innovazione in grado di rispondere al bene produttivo più prezioso che ogni Stato ha: la salute dei suoi lavoratori.