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Sindrome di Troyer: il ruolo del gene SPART e un possibile approccio terapeutico

Studiosi dell’Università di Bologna e dell’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola hanno mostrato come alla base della malattia potrebbero esserci due varianti molto rare nel gene SPART, che conducono a un grave deficit mitocondriale, individuando come possibile trattamento la somministrazione di coenzima Q10


Un gruppo di ricerca guidato da studiosi dell’Università di Bologna e dell’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola ha messo in luce il meccanismo che mutazioni del gene SPART causano un grave deficit mitocondriale che può portare allo sviluppo della sindrome di Troyer, una rara malattia genetica caratterizzata da spasticità e debolezza degli arti, bassa statura e disabilità intellettiva.

Lo studio – pubblicato sulla rivista Open Biology – identifica il ruolo della proteina Spartina, codificata dal gene SPART, nel trasportare all’interno del mitocondrio l’insieme di quelle proteine, codificate dal DNA nucleare, che sono fondamentali per il corretto funzionamento del mitocondrio stesso, la centralina energetica della cellula. Alcune mutazioni del gene SPART provocano un malfunzionamento di questo processo, che a sua volta produce un grave deficit bioenergetico a livello cellulare.

"Siamo partiti dall’analisi dell’esoma – cioè di tutta la porzione codificante del genoma umano – di un piccolo paziente di cinque anni che mostrava bassa statura, ritardo nello sviluppo e debolezza muscolare", spiega la coordinatrice dello studio Elena Bonora, professoressa al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna e referente del programma PNRR National Center for Gene Therapy and Drug based on RNA Technology (Spoke 3), che ha supportato l’attività di ricerca.

Grazie a tecnologie di sequenziamento di nuova generazione (NGS), gli studiosi sono inizialmente riusciti a identificare due varianti molto rare nel gene SPART del paziente. In assenza di dati funzionali, però, il loro significato restava sconosciuto.

"Per fare luce sul ruolo di queste varianti, abbiamo realizzato uno studio funzionale sui fibroblasti derivati da biopsia cutanea e su altri modelli cellulari di SPART presenti nel nostro laboratorio", dice Chiara Diquigiovanni, ricercatrice al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna e prima autrice dello studio.

"Da questa indagine è emerso che l'import mitocondriale nelle cellule mutate, caratterizzate da un grave deficit bioenergetico, era severamente compromesso e portava a una significativa diminuzione di diverse proteine mitocondriali", aggiunge Christian Bergamini, professore al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna, tra gli autori dello studio.

Tra le proteine mitocondriali che sono risultate colpite da questo meccanismo ci sono in particolare due enzimi che hanno un ruolo chiave nella sintesi nel coenzima Q10, un potente antiossidante che aiuta a rifornire le cellule di energia ed è quindi fondamentale per il corretto funzionamento di molte reazioni chimiche nell’organismo.

Somministrando alle cellule colpite un supplemento di coenzima Q10, gli studiosi hanno notato che i livelli energetici ritornano nella norma: un’evidenza che suggerisce come il trattamento con coenzima Q10 potrebbe essere un approccio terapeutico promettente per i pazienti con mutazioni del gene SPART.

"Con questo studio siamo stati in grado di assegnare una rilevanza funzionale e un potenziale diagnostico a varianti del gene SPART altrimenti classificate a significato sconosciuto", dice in conclusione la professoressa Bonora. "Inoltre, l'identificazione di nuovi pathways alterati potenzialmente recuperabili con la somministrazione di coenzima Q10 apre la strada a un trattamento in vivo per una malattia grave come la sindrome di Troyer".

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Open Biology con il titolo “Mutant SPART causes defects in mitochondrial protein import and bioenergetics reversed by Coenzyme Q”. Per l’Università di Bologna hanno partecipato Chiara Diquigiovanni, Francesca Bianco, Bianca De Nicolo, Erica Cataldi-Stagetti e Elena Bonora (Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche), insieme a Nicola Rizzardi, Irene Liparulo, Elisabetta Cuna, Romana Fato e Christian Bergamini (Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie), e con Giulia Severi e Marco Seri (IRCCS Policlinico di Sant’Orsola).