E' scomparsa, il 3 ottobre, la prof.ssa Marina Mizzau, storica figura del Dams e intellettuale di fama nazionale.
Foto da Manni editori
Laureata a Bologna in Estetica con il prof. Luciano Anceschi, ha iniziato la sua carriera accademica in Unibo dove è diventata ordinaria di Psicologia della comunicazione. Negli anni '80 è stata presidente del Dams, presso la facoltà di Lettere e Filosofia, e nel corso della sua carriera accademica ha svolto ricerche rilevanti nel campo della comunicazione, della psicologia del linguaggio e delle relazioni interpersonali, dedicandosi parallelamente alla narrativa.
Per ben due volte è risultata tra i dodici finalisti del Premio Strega, presentata da Umberto Eco, con “Il silenzio dei pesci” e “Se mi cerchi non ci sono". Numerosi i suoi saggi, tra cui "Storie come vere: strategie comunicative in testi narrativi", "E tu allora? Il conflitto nella comunicazione quotidiana", "Ridendo e scherzando: la barzelletta come racconto".
L'impegno della prof.ssa Mizzau è andato anche oltre il mondo accademico: a lei si deve, infatti, la fondazione dell’associazione Orlando (Centro di Documentazione, Ricerca, Iniziativa delle Donne -CDD) dove ha dato un forte contributo sulla comunicazione non verbale e violenta tra uomini e donne nelle relazioni amorose.
Il saluto laico si svolgerà a Bologna, al Pantheon della Certosa, giovedì 5 ottobre alle ore 14.
"Ricordo ancora l'esame che sostenni con lei - ha affermato la prof.ssa Cristina Demaria, Delegata per l'equità, l'inclusione e la diversità - e in particolare il suo bellissimo saggio sull'ironia come menzione, come ripresa della parola altrui e propria, da cui si prendono le distanze. La prof.ssa Mizzau era nota per aver lavorato e giocato con e sulle parole, su quello che viene detto, ma anche non detto, sui silenzi e sulle relazioni, in particolare su quelle tra uomini e donne".
"E’ stata per me una persona molto importante, dal punto di vista intellettuale ed umano. - ha detto la prof.ssa Renata Galatolo - Ho imparato da lei l’interesse e l’amore per i dettagli dei comportamenti umani che determinano le differenze e la qualità delle relazioni. Marina aveva la capacità di trasformare l’apparente banalità dell’agire comunicativo quotidiano in un luogo di generazione di sensi plurimi e profondi. Lo ha fatto nei suoi lavori scientifici, ma anche nei suoi lavori letterari. Sopra ogni cosa ha forse amato la letteratura e le storie nelle molteplici forme che possono assumere, dalla grande letteratura alla barzelletta raccontata al bar, ed ha fatto del connubio tra letteratura e scienza psicologica un suo tratto distintivo e unico.
"Per me Marina è stata all'inizio una docente (feci un esame con lei all’università), poi una collega. Ma presto è diventata soprattutto un’amica, una sorella maggiore, a volte una mamma. - ha commentato la prof.ssa Giovanna Cosenza - Non aveva un carattere facile, perché era schiva e spesso burbera. Se però sapevi come prenderla, emergeva la sua dolcezza e potevi godere appieno della sua intelligenza acuta e profondità. Amavo molto la sua scrittura, quella dei racconti e dei romanzi innanti tutto, ma anche quella della saggistica scientifica, perché era sempre fluida, chiara, leggera, mai accademica. Ricordo con commozione i lunghi pomeriggi trascorsi con lei a conversare di narrativa, soffermandoci su questo o quel romanzo appena letto, e discutendo di lessico, fraseggio, stile, punteggiatura. Marina mi ha insegnato molto, in molti ambiti. Non la dimenticherò mai".