Il Capitolium, nel sito di Thuburbo Maius, in Tunisia
È partita una nuova avventura per gli archeologi dell’Università di Bologna, sull’altra sponda del Mediterraneo, in Tunisia. A giugno e a settembre dello scorso anno si sono svolte due campagne sul sito di Thuburbo Maius, antica città romana i cui resti si trovano circa 60 chilometri a sud di Tunisi.
Originariamente un centro punico, la città venne rifondata dai Romani nel 27 a.C. e crebbe fino a diventare un importante centro economico per la produzione di grano, olive e frutta: il suo periodo di massima espansione, con la costruzione dei principali edifici, fu tra il 150 e il 200 d.C. Le zone su cui si sono concentrate le indagini degli archeologi tunisini e italiani sono i complessi monumentali delle Terme d’Inverno, delle Terme d’Estate e della Palestra dei Petronii.
I portici della Palestra dei Petroni, a Thuburbo Maius
L’iniziativa è parte del progetto "Alibi Archaeologies. Rediscovering Roman Tunisia", cofinanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dall’Università di Bologna. Il sito di Thuburbo Maius è il primo caso di studio selezionato per le attività sul terreno, su proposta dell’Institut National du Patrimoine (INP) di Tunisi, nella persona del funzionario responsabile per il sito, Hamden Ben Romdhane. L’obiettivo è finalizzare la ricerca e la formazione alla conservazione e alla valorizzazione, in convenzione con l’INP e con la Faculté des Lettres de l’Universitè de la Manouba (FLAHM): l’iniziativa è codiretta da Hamden Ben Romdhane (INP) e Lamia Ben Abid (FLAHM), con Antonella Coralini per l’Alma Mater.
"Da alcuni anni il gruppo di lavoro interdisciplinare e interuniversitario tuniso-italiano che fa capo all’Institut National du Patrimoine e alla cattedra di Archeologia e storia dell’arte romana dell’Alma Mater ha deciso di mettere alla prova le strategie e i metodi di intervento messi a punto sui siti e sui musei archeologici della nostra penisola in un’altra regione del Mediterraneo", spiega la professoressa Coralini. "Da qui è nata questa nuova sfida, con una particolare attenzione per la valorizzazione dei vecchi scavi e di quella parte di patrimonio che, pur essendo in luce, attende ancora di essere documentata, studiata e resa pienamente fruibile: sia sulla carta, con le pubblicazioni, sia sul terreno, con adeguati interventi di conservazione e presentazione. Siamo molto grati ai colleghi tunisini per averci voluto coinvolgere nei loro progetti di studio e valorizzazione".
Sul sito di Thuburbo Maius gli studiosi hanno realizzato rilievi con laser scanner e drone, a cura di Tommaso Empler e Arianna Caldarone, architetti dell’Università Sapienza di Roma, nel quadro di una convenzione di ricerca con il Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Alma Mater. I risultati sono stati poi integrati dall’analisi dello stato di conservazione (a cura di Nicola Santopuoli), dalla lettura stratigrafica degli alzati (diretta da Hamden Ben Romdhane, in collaborazione con Hajer Krimi, Direttrice di Ricerca presso l’INP e responsabile del sito e della regione di Sousse/Hadrumetum) e da una campagna sistematica di campionamento dei materiali edilizi (a cura di Karima Zoghlami, Université de Bizerte).
Attività di analisi degli alzati a Thuburbo Maius
L’area delle Terme d’Inverno è stata inoltre teatro di un laboratorio didattico sul campo (coordinato da Salvatore Mancuso e Federica Formisano, allievi del Corso di Laurea in Archeologia e culture del mondo antico), che ha visto gli studenti impegnati nel rilievo integrale con Lidar: una tecnica che permette agli archeologi di acquisire rapidamente dati di elevata qualità, realizzando modelli tridimensionali per lo studio di dettaglio delle strutture analizzate e per le ipotesi di ricostruzione.
Infine, alle attività sul campo si è affiancata anche una missione nel Museo di Cartagine, diretta da Lamia Ben Abid (FLAHM) e dedicata al recupero e alla documentazione dei reperti provenienti da Thuburbo Maius.