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Clima e inquinamento influenzano il microbiota delle foglie nelle foreste europee

Le comunità batteriche che vivono sulle chiome degli alberi sono fondamentali per favorire la crescita delle piante e la loro resistenza agli stress ambientali, ma le conseguenze del cambiamento globale potrebbero alterare questo delicato equilibrio


In un articolo pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment, un gruppo di ricerca internazionale guidato da studiosi dell’Università di Bologna ha mostrato quali fattori modellano il microbiota ospitato nelle chiome di faggio e pino silvestre e come queste comunità batteriche cambiano a livello europeo, partendo dalle foreste della Finlandia fino ad arrivare a quelle che si affacciano sul Mediterraneo.

"La diversità dei microrganismi che vivono sulle foglie è dettata dalla temperatura, dalla specie ospitante e dai tratti fogliari associati", spiega Rossella Guerrieri, professoressa al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell'Università di Bologna, che ha coordinato lo studio. "Sarà quindi importante capire come queste comunità batteriche possono modificarsi in un contesto di clima che cambia e di inquinamento crescente".

Le foreste prese in esame dall'indagine fanno infatti parte della rete ICP Forests: un programma istituito nel 1985 nell'ambito della Convention on Long-range Transboundary Air Pollution delle Nazioni Unite, il cui obiettivo principale è valutare e monitorare gli effetti dell'inquinamento atmosferico sulle foreste in Europa. Tra queste ci sono anche due siti italiani: la faggeta di Collelongo, in Abruzzo, e la faggeta di Cansiglio, in Veneto.

I ricercatori hanno descritto, per la prima volta su scala continentale, la composizione e diversità dei batteri che sono ospitate dalle chiome degli alberi (la fillosfera) di faggio e di pino silvestre, due delle specie più comuni nelle foreste europee.

Grazie al lavoro di tree climbers professionisti, gli studiosi hanno campionato foglie (nel caso del faggio) e aghi (nel caso del pino silvestre) lungo il profilo della chioma a tre diverse altezze.

Sono stati quindi seguiti i protocolli standard per l’estrazione del DNA: da un lato per poter caratterizzare le comunità microbiche presenti nella fillosfera, dall’altro per osservare se si riscontrano funzioni di interesse di questi batteri legate al ciclo di azoto e carbonio, e infine per capire come queste comunità vengono influenzate da fattori ambientali e climatici.

Il primo fattore che determina la struttura e la diversità delle comunità batteriche presenti sulle foglie è la specie ospitante. Ad esempio, nel pino silvestre ci sono microrganismi in grado di fissare l'azoto sulle chiome: un fenomeno che potrebbe essere spiegato dalla minore presenza di azoto nel contesto in cui vivono le conifere rispetto a quello delle latifoglie.

Nel complesso, il microbiota della fillosfera gioca un ruolo fondamentale non solo per favorire la crescita delle piante e la loro resistenza agli stress ambientali, ma anche per regolare i cicli del carbonio, dell’azoto, del fosforo e dello zolfo. Tutte funzioni che possono essere limitate o alterate dal cambiamento delle temperature e dall’inquinamento.

"Abbiamo osservato che spostandoci dal nord verso il sud dell'Europa, oltre alla temperatura cambia anche la deposizione atmosferica dell’azoto, che in qualche modo è determinata dalla concentrazione di composti reattivi dell'azoto in atmosfera: un dato che riflette il livello di inquinamento atmosferico", conferma Guerrieri. "Questi composti, infatti, dopo l'immissione in atmosfera si depositano sugli ecosistemi acquatici e terrestri, incluse le foreste".

I risultati ottenuti evidenziano la necessità di effettuare indagini su larga scala per chiarire come il microbiota della fillosfera medi le risposte degli ecosistemi forestali ai cambiamenti globali. In questo contesto, il gruppo di ricerca dell'Alma Mater sta portando avanti da oltre dieci anni un esperimento nella faggeta di Cansiglio, in Veneto, per simulare l'aumento dell'inquinamento e monitorarne gli effetti. Un lavoro di indagine reso possibile grazie al supporto del Reparto Carabinieri Biodiversità Vittorio Veneto e del nucleo di Cansiglio.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environnement con il titolo “Host species and temperature drive beech and Scots pine phyllosphere microbiota across European forests”. Per l’Università di Bologna hanno partecipato Rossella (Maria Rosa) Guerrieri, Daniela Sangiorgio (giovane ricercatrice che ha condotto lo studio), Federico Magnani e Dario Ravaioli del gruppo di ricerca di Ecologia Forestale e Selvicoltura del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari.