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Biodiversità in declino: l'impatto delle attività umane sulla Val d'Agri, in Basilicata

Un'analisi multi-tassonomica che ha preso in considerazione 151 specie diverse di piccoli mammiferi, rettili, uccelli, coleotteri e licheni, mostra una visione generale della situazione e le possibili minacce alla biodiversità in un’area geografica sensibile, dove le attività industriali e agricole coesistono con habitat naturali di rilevanza ecologica


Un gruppo di ricerca coordinato dall’Università di Bologna, in collaborazione con ISPRA e ARPA Basilicata, ha indagato l’impatto sulla biodiversità delle attività antropiche nella Val d'Agri, in Basilicata: un’area geografica sensibile, dove le attività industriali e agricole coesistono con habitat naturali di rilevanza ecologica.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Science and Pollution Research, mostra una progressiva riduzione della diversità delle specie man mano che ci si avvicina all'area industriale della Val d’Agri, caratterizzata da una varietà di attività antropiche, tra cui, ma non solo, attività estrattive legate al settore degli idrocarburi.

"Abbiamo realizzato un'analisi multi-tassonomica che ha preso in considerazione 151 specie diverse di piccoli mammiferi, rettili, uccelli, coleotteri e licheni, per studiare le dinamiche spaziali e le risposte delle specie a queste pressioni antropiche", spiega Roberto Cazzolla Gatti, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell'Università di Bologna e coordinatore dello studio. "I risultati hanno rivelato una relazione negativa tra il biodiversità e la vicinanza alle aree industriali della Val d’Agri, evidenziando il pesante danno alla natura causato dalle attività condotte nella zona industriale di Viggiano".

Dall’analisi è emersa in particolare una forte predominanza di specie generaliste, che possiedono cioè tratti biologici utili per adattarsi a diversi ambienti e prosperare anche in presenza di elevate perturbazioni umane. Si tratta di un fenomeno noto – chiamato “omogeneizzazione biologica” – che vede le specie generaliste sostituire quelle specializzate, riducendo così la diversità funzionale degli ecosistemi.

"È stata osservata una predominanza di tratti biologici generalisti in tutti i siti dello studio, piuttosto che un aumento della specializzazione delle specie", conferma Cazzolla Gatti. "Questo potrebbe suggerire un effetto omogeneizzante provocato da varie attività antropiche che causano la frammentazione degli ecosistemi e una maggiore mortalità di organismi più specializzati: un dato che sottolinea l'influenza duratura di queste attività sulla biodiversità della Val d'Agri".

Tra i licheni, ad esempio, il 70% delle specie identificate ha mostrato una tolleranza moderata o elevata ai disturbi antropici, suggerendo una colonizzazione efficace delle aree maggiormente influenzate dalle attività umane. E anche l’indagine sugli uccelli ha evidenziato la prevalenza di specie generaliste, con un'ampia presenza, ad esempio, di capinere (Sylvia atricapilla), capaci di cambiare dieta a seconda delle stagioni, e cinciarelle (Cyanistes caeruleus), in grado di passare da una dieta insettivora a una onnivora, adattandosi quindi anche in aree antropizzate.

Lo studio ha messo in luce, inoltre, la presenza di numerose specie protette, incluse specie endemiche della penisola italiana e del Sud Italia: un elemento che – sottolineano gli studiosi – rafforza ancora di più la necessità di iniziative di conservazione, per la protezione di queste specie e dei loro habitat e per mantenere la biodiversità e l'integrità dell'ecosistema dell’area, in particolare in relazione alla mitigazione degli impatti industriali.

Lo studio è stato pubblicato su Environmental Science and Pollution Research con il titolo “Assessing the effects of anthropogenic pressures on biodiversity: a multi-taxonomic approach in Basilicata, Italy”. Per l’Università di Bologna hanno partecipato Francesca Maura Cassola, Jacopo Iaria, Matilde Martini, Francesco Santi, Mara De Silvestri, Davide Lattarulo, Jennifer Rossin e Roberto Cazzolla Gatti, tutti del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali.