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Il 6G, la Garisenda e le telecomunicazioni del futuro

Il cantiere della Torre Garisenda ha ospitato la prima dimostrazione a livello mondiale delle potenzialità di ICAS: una nuova tecnologia che permette di ricostruire la posizione di qualsiasi corpo che si trovi nell’area coperta dalle reti radiomobili con una capacità di risoluzione dell’ordine di un centimetro. UniboMagazine ne ha parlato con il professor Roberto Verdone, che ha coordinato l’iniziativa


Nel cantiere di restauro della Torre Garisenda è stata sperimentata per la prima volta al mondo una nuova tecnologia sviluppata all’Università di Bologna, in collaborazione con Huawei e con il WiLab, il Laboratorio Nazionale di Comunicazioni Wireless del CNIT (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le telecomunicazioni) che ha sede a Bologna. Grazie a decine di elementi di antenna trasmittenti e riceventi racchiuse in un riquadro di circa 80 centimetri di lato, il prototipo ha dimostrato di essere in grado di misurare con un’altissima precisione l’inclinazione della Torre e le microvibrazioni a cui è sottoposta.

La nuova tecnologia si chiama ICAS – Integrated Communications And Sensing – ed è candidata per entrare nello standard della sesta generazione di reti radiomobili cellulari: il 6G. La dimostrazione in anteprima mondiale delle sue potenzialità è stata uno dei momenti centrali della Bologna Communications Week: settimana di appuntamenti scientifici, accademici e strategici, promossa dall’Università di Bologna e dal WiLab.

UniboMagazine ne ha parlato con Roberto Verdone, professore al Dipartimento di Ingegneria dell'Energia Elettrica e dell'Informazione "Guglielmo Marconi" e direttore del WiLab, che ha coordinato l’evento.

Professor Verdone, com’è andata questa anteprima mondiale nel cantiere della Garisenda?
È andata molto bene. Abbiamo testato per la prima volta in un ambiente pubblico una nuova tecnologia chiamata ICAS, che sta per Integrated Communications And Sensing, ed è candidata ad entrare nello standard del 6G per le comunicazioni radiomobili del futuro. Grazie a questa tecnologia, gli stessi segnali radio usati per le telecomunicazioni possono essere interpretati anche come segnali radar: diventa quindi possibile rilevare la posizione di qualsiasi corpo che si trovi nell’area coperta dall’antenna con una capacità di risoluzione dell’ordine di un centimetro.

Come si è svolta la dimostrazione?
Abbiamo installato nell’area attorno alla Torre Garisenda 32 antenne trasmettenti e 32 antenne riceventi: in questo modo abbiamo potuto misurare, in ogni millisecondo di trasmissione, la distanza tra le antenne e un migliaio di punti diversi della superficie della Torre. E integrando tutti questi dati abbiamo ottenuto una misura estremamente accurata della posizione e dell’inclinazione della Garisenda.


Misurazioni di questo tipo potranno quindi essere fatte in futuro attraverso i normali segnali delle reti mobili?
Esattamente. Con questo prototipo abbiamo dimostrato che in futuro, con il 6G, gli operatori delle reti radiomobili potranno non solo gestire il trasporto dei dati generati dagli utenti, ma generare loro stessi informazioni a partire dai segnali trasmessi tra utenti e antenne, e potenzialmente offrire così nuovi servizi.

Quali sono le possibili applicazioni?
Sono tutte da immaginare. Abbiamo visto che questa tecnologia è molto efficace per il monitoraggio di edifici che devono essere tenuti sotto controllo per questioni strutturali. Potrebbe poi essere utile in caso di eventi sismici: siamo infatti riusciti a rilevare anche le microvibrazioni naturali a cui è sottoposta la Torre Garisenda. Ma la stessa tecnologia permette di avere un quadro in tempo reale di qualunque ambiente: potrebbe quindi essere utile anche per la sicurezza, la logistica, il controllo del traffico e molte altre attività. E tutto questo a costo zero, utilizzando l’infrastruttura delle reti radiomobili.

Perché allora oggi, con il 5G, non siamo in grado di accedere a questa tecnologia?
Per realizzare queste ricostruzioni dettagliate dello spazio a partire dai segnali radiomobili è necessario avere una larghezza di banda che sia abbastanza ampia da permettere di misurare le distanze con grande precisione. È previsto che il 6G utilizzi frequenze con larghezza di banda significativamente maggiori rispetto al 5G: è questo elemento che ha permesso di sviluppare il nostro prototipo. La maggiore larghezza di banda aumenta di conseguenza la risoluzione spaziale delle misurazioni, fino ad arrivare a un’accuratezza dell’ordine di un centimetro.

Tutti questi nuovi dati saranno nelle mani degli operatori di telecomunicazioni: come saranno garantite privacy e riservatezza?
Questo in realtà non è un tema nuovo: già oggi gli operatori telefonici dispongono di una grande quantità di dati sensibili sui loro utenti. Questi dati vengono usati per la gestione e il controllo dei servizi forniti, garantendo i vincoli di sicurezza e di privacy previsti dalle leggi dei diversi paesi in cui operano. Lo stesso tema dovrà essere affrontato per i nuovi servizi che potranno essere introdotti con il 6G: sarà necessario stabilire gli utilizzi possibili, garantendo l’anonimizzazione dei dati e il rispetto della privacy degli utenti.


All’introduzione del 6G mancano ancora cinque anni, come siete riusciti a sviluppare e testare già oggi, e primi al mondo, la nuova tecnologia ICAS?
Tutto nasce grazie a un accordo tra il laboratorio che dirigo, il WiLab, e Huawei per lo sviluppo di nuove soluzioni legate alle comunicazioni wireless. Insieme abbiamo ipotizzato questa nuova tecnologia e l’abbiamo poi sviluppata all’Università di Bologna, coinvolgendo dottorandi e ricercatori con il coordinamento del professor Andrea Giorgetti, del Campus di Cesena. Infine, la prima dimostrazione pubblica nel cantiere della Torre Garisenda è stata possibile grazie alla preziosa collaborazione del Comune di Bologna, a cui abbiamo fornito tutti i dati raccolti.

E adesso? Avete già altre idee in cantiere?
Gli sviluppi possibili delle tecnologie wireless sono tantissimi, anche in connessione con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale. Ora stiamo ragionando su una proposta avanzata proprio durante la Bologna Communications Week per la gestione delle situazioni di emergenza. L’idea è di testare come le future reti 6G possano coordinare robot autonomi per il soccorso, ad esempio in caso di alluvioni, terremoti o altre calamità naturali. Siamo ancora all’inizio del percorso, ma chissà: magari tra un paio di anni potremmo ritrovarci di nuovo qui per una nuova anteprima mondiale.