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Plutone è sempre lì, ma non è più tra noi

Plutone è stato declassato: per gli astronomi non è più un pianeta. Flavio Fusi Pecci e Gianluigi Parmeggiani raccontano cos’è successo oggi e cosa è capitato in passato. Qui la sintesi del loro intervento, allegato anche in versione integrale.
Plutone

Plutone come la Juventus. Ebbene sì, il piccolo corpo celeste e il grande club hanno fatto la stessa fine: tutti e due in serie B. Con una differenza però: il grande club ha possibilità di risalita, mentre il piccolo corpo non ha più alcuna speranza. Il declassamento, sentenziato lo scorso 24 agosto dall’International Astronomical Union, è inoppugnabile: un pianeta del Sistema solare – hanno affermato in quella data gli astronomi – è un corpo celeste che orbita attorno al Sole, che ha una massa tale da generare una forza di gravità sufficiente a renderlo rigido e di forma sferica, e che ha ripulito la zona circostante da corpi minori. E Plutone, pace all’orbita sua, non è riuscito in quest’ultimo compito: piccolo com’è (più piccolo della Luna...) non è riuscito a ripulire il circondario, dove alberga anche Caronte, il suo satellite. Grande quanto la metà di Plutone e orbitante molto vicino a esso. E poi, prima le intuizioni di Kuiper e poi le osservazioni telescopiche, hanno cominciato a individuare oltre Plutone una miriade di corpi che, se promossi all’unisono al rango di pianeti, avrebbero affollato un po’ troppo il Sistema solare. Ecco allora la decisione di introdurre una definizione di pianeta più dettagliata, sacrificando Plutone, scoperto, solo tre quarti di secolo fa, dall’astronomo americano Clyde Tombaugh.

Plutone aveva ormai un suo club di estimatori e il suo declassamento ha sollevato parecchie critiche. Tra le voci di protesta si sono sovrapposti echi politici, culturali o più semplicemente passionali. Plutone era una delle certezze acquisite sui banchi di scuola, poco dopo l’apostrofo e le tabelline: la sua perdita ha incrinato una delle consuetudini mnemoniche d’infanzia. Tanta fatica per impararla, qualche gioia nella sfoggiarla e d’un tratto "puff", via senza più alcuna traccia.

Consolazione sia che quanto accaduto non è il primo scherzo della storia della scienza. Il passato ne ha riservati di più maligni. In primo luogo, come tutti sanno, un saggio del polacco Nicola Copernico si divertì a rivelare al mondo che la Terra non era il centro, ma uno dei tanti quartieri di periferia. E poi, anche senza scomodare le grandi rivoluzioni, sono molti i casi di decisioni scientifiche eclatanti. Una, per esempio, fu presa dal Papa bolognese Gregorio XIII Boncompagni. Per correggere lo sfasamento dell’equinozio di primavera, la commissione da lui istituita fece saltare il calendario da mercoledì 4 ottobre a giovedì 15 ottobre. Tutto questo non è neppure passata un’infinità di tempo: a trovarsi di colpo dieci giorni più vecchi furono gli abitanti del 1582.

Dati questi precedenti, non è il caso di stare tranquilli. Altri scherzetti potrebbero ridisegnare le nostre consuetudini scientifiche. Ma non è il caso di farne drammi. "Che cos’è un nome?", si chiede infatti William Shakespeare. "Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, sarebbe pur sempre lo stesso dolce profumo".