Sviluppare una nuova generazione di piattaforme offshore multifunzione è l’obiettivo del progetto europeo “Mermaid”, i cui partecipanti si incontrano in questi giorni a Bologna per fare il punto sullo stato d’avanzamento della ricerca. Al progetto partecipa anche un team dell’Alma Mater, sotto la guida di Barbara Zanuttigh del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e dei Materiali.
Molto probabilmente nel prossimo futuro i mari che circondano il continente europeo assisteranno a un notevole incremento di infrastrutture marine, sia per la ricerca e lo sfruttamento di risorse energetiche - non solo petrolio e gas, ma anche energia eolica e del moto ondoso - sia per altri usi, quali terminali portuali offshore di supporto alla navigazione e per l’attività di acquacoltura al largo.
Questo maggior utilizzo di impianti offshore comporterà anche l’incremento di infrastrutture marine “di servizio”, necessarie per l’installazione ed il funzionamento di tali piattaforme. L’introduzione di nuovi impianti dovrà però confrontarsi con la crescente esigenza del contenimento dei loro costi, sia economici che ambientali, per rendere tollerabile e conveniente il loro utilizzo negli spazi oceanici.
Pertanto la soluzione, di cui si discuterà nel meeting a Bologna, è quella di ottimizzare l’uso degli spazi marini mediante la progettazione di piattaforme offshore in grado di ospitare, attraverso avanzate soluzioni ingegneristiche, molteplici funzioni, offrendo quindi significativi e immediati vantaggi economici e ambientali. L’obiettivo dei partecipanti al progetto è di favorire la combinazione di nuove conoscenze per affrontare condizioni geologiche e marine tra le più diverse, sviluppando, collaudando e integrando le diverse tecnologie applicate per la soluzione di casi specifici concreti. Nello specifico, “Mermaid” include 4 siti di studio, nel Mare Baltico, nel Mare del Nord e nel Mediterraneo.
“Il sito del Mediterraneo – sottolinea Barbara Zanuttigh - si colloca al largo di Venezia, un’area dove la forza dei venti e delle onde è limitata, ma al contrario è forte l’impatto causato dall’uomo, con significative attività di acquacoltura, l’occupazione di spazio marino, con il traffico marittimo portuale e turistico che si interseca con le rotte dei mammiferi marini, in un delicato ecosistema ad elevata tendenza eutrofica. Le scelte progettuali sono quindi particolarmente complesse e stimolanti, coinvolgendo una rete di potenziali autorità locali e imprese interessate allo sviluppo di nuove tecnologie. Nonostante i limiti derivanti dalle condizioni ambientali specifiche del sito, la sinergia derivante dalla combinazione di pale eoliche, micro-eolico, convertitori di energia ondosa di tipo galleggiante o fisso, e itticoltura, fornisce risultati promettenti per la fattibilità di simili impianti.”
Il progetto “Mermaid”, il cui costo è stimato in 7,4 milioni di euro è finanziato dall’UE con un contributo pari a 5,5 milioni di euro e coinvolge, assieme all’Università di Bologna, 28 partner di cui 11 università, 8 centri di ricerca e 9 industrie ed imprese di svariati paesi europei.