Un nuovo balzo in avanti, questa volta di 17 posizioni: per il quarto anno consecutivo l’Università di Bologna migliora il suo piazzamento nel QS World University Rankings, una delle più note e prestigiose classifiche universitarie a livello internazionale.
L’edizione 2021 del ranking, pubblicata oggi, vede l’Ateneo bolognese raggiungere il posto numero 160 della classifica mondiale: dal 2017 ad oggi l’Università di Bologna ha scalato 48 posizioni. L’Alma Mater conferma così saldamente il suo posto nella top 200 del ranking e, considerando che nel mondo esistono circa 26 mila università, nell’1% dei migliori atenei a livello globale.
Rispetto allo scorso anno, inoltre, l’Università di Bologna scala 5 posizioni raggiungendo il posto numero 69 a livello mondiale – e il primo posto in Italia – nel campo della Reputazione Accademica: l’indicatore più importante del ranking (compone il 40% della valutazione finale), basato sulle opinioni di oltre 100 mila universitari.
"Anno dopo anno i principali ranking mondiali - pur nella loro visione per forza di cose parziale del contesto universitario - continuano a premiare il nostro Ateneo, e questo è senza dubbio motivo di grande soddisfazione per tutta la nostra comunità", dichiara il rettore Francesco Ubertini. "Voglio sottolineare in particolare il 69esimo posto a livello mondiale per la reputazione accademica: un risultato di grande rilievo, soprattutto se consideriamo che rispetto agli atenei presenti nelle prime posizioni del ranking l’Università di Bologna ha circa il doppio degli studenti e la metà dei docenti".
Il QS World University Rankings è una delle più note classifiche universitarie mondiali, consultata ogni anno da decine di milioni di studenti. Il ranking si basa sulle opinioni di 102 mila docenti, accademici e ricercatori e di 52 mila manager e direttori delle risorse umane, e comprende l’analisi di 13,5 milioni di pubblicazioni scientifiche, di 74 milioni di citazioni e i dati sulla distribuzione di 23 milioni di studenti e di circa 2 milioni di docenti e ricercatori.
Foto: Archivio Università di Bologna